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Il personaggio

Federico Papa, Predaia (C femminile)

Or bene, ragazzi e ragazze, amici e amiche, si entra nell’ultimo mesetto di campionati. Il momento caldo della stagione, quello decisivo, quello nel quale si inizia a far respirare quell’aria e quel profumo unico e inimitabile dei playoff e dei playout. Insomma, per tante squadre inizia il momento cruciale della propria stagione. Però però però... però, c’è un però. In un anno e mezzo ormai di “Personaggio” abbiamo toccato quasi tutti i ruoli e le situazioni della pallavolo di casa nostra, ma stamattina mentre pedalavo allegramente ho notato una grave mancanza da parte nostra. Ovvero, in tutto questo tempo abbiamo parlato spesso di squadre e giocatori che vincono, di primati, promozioni, ecc... ma non ci siamo mai soffermati un attimo ad esaminare cosa vuole dire vivere una stagione inchiodati sul fondo della classifica. Come si vive un’annata senza vincere mai? Dove si trova la forza di andare sempre e comunque in palestra la settimana e poi esser sconfitti comunque il sabato? Cosa si prova a vedere per nove mesi il numero zero alla propria casellina dei punti fatti? Di certo una situazione facile non è, ma per disquisire su cosa sia esattamente questa situazione questa settimana rompiamo le scatole a Federico Papa. Allenatore del Predaia ultimo in classifica in C femminile, ancora a secco di punti in questa stagione, ormai retrocesso da tanto tempo ma comunque sempre in campo a lottare. Con lui poi possiamo anche “dare un po’ i numeri”, più del solito rispetto a quanto li do già di mio. Con Papa possiamo parlare anche di quella figura troppo spesso dimenticata che è lo scoutman, l’uomo delle statistiche, il principe dei numeri, figura ormai importantissima nella pallavolo moderna. E allora diamo un po’ i numeri...
Buona lettura!

Federico, prima di tutto come stai?
“Tutto bene, grazie, tu?”
Tutto a posto niente in ordine, grazie. Senti, a bruciapelo, mi spieghi come si vive una stagione passata sempre all’ultimo posto con 0 punti in classifica?
“Si vive comunque per merito di un gruppo davvero eccezionale. Personalmente non do molto peso a questa situazione di classifica o alla retrocessione, il problema principale è stato nel fatto che probabilmente abbiamo sbagliato ad accettare di fare lo scambio di diritti fra C e D ma questo gruppo, per come comunque continua a lavorare e impegnarsi, meriterebbe di vincere una partita. Sai, sentirsi dire da colleghi allenatori che siamo bravi ma che pecchiamo di ingenuità nei momenti cruciali, oppure vedere gente che entrava in palestra con la puzza sotto il naso perché giocava col Predaia e poi usciva con la maglietta bagnata perché gliela abbiamo fatta sudare, sono comunque soddisfazioni. Ma per quello che stanno facendo comunque queste ragazze meriterebbero una vittoria”.
Come si convive con questa situazione? Se il gruppo viene meno allora va davvero tutto a quel paese...
“Noi abbiamo un gruppo di 15 giocatrici nel complesso ed in allenamento nonostante tutto non sono mai in meno di nove. Forse la nostra sfortuna è stata nel trovare subito le squadre più forti all’inizio, così abbiamo incassato subito una serie di sconfitte all’inizio e queste ci hanno tolto sicurezze. Ma questo è davvero un gruppo eccezionale, mi piange il cuore per questo risultato ma anche se a fine stagione dovessimo arrivare con 0 punti sarò comunque orgoglioso del mio gruppo. Ci sono stati momenti nei quali ero più sconfortato io di loro, sono state loro in alcune situazioni a tirarmi su il morale”.
Immagino che la parte più difficile sia continuare a dare motivazioni alle ragazze, visto che da mesi ormai è chiara la propria situazione...
“Esatto, in sé stiamo già lavorando per l’anno prossimo, stiamo buttando giù alcuni programmi, la società m’ha dato la sua fiducia e andiamo avanti con questo gruppo. Quest’anno alcune ragazze della squadra finiscono la maturità e quindi credo andranno in giro a studiare. Ma io sono molto orgoglioso di quello che hanno fatto queste ragazze. Vorrei una vittoria non per me, ma per loro”.
Anche perché il rischio poi è di non avere più stimoli per venire in palestra ad allenarsi.
“Io le ho sempre dentro in palestra, c’è una grande passione e amore per questo sport da parte di tutte loro, hanno moltissima voglia di migliorare e di continuare a crescere, mi piange il cuore per questo. Meriterebbero una vittoria ma non per nessun altro che per loro, solo per ripagare tutto l’impegno e la passione che ci stanno mettendo queste ragazze. Dal punto di vista tecnico nei ruoli chiave non abbiamo giocatrici di categoria o di categoria superiore come altre squadre, a parte Arco e Caldaro tutte le altre hanno almeno alcune giocatrici d’esperienza. Se poi guardiamo bene l’Arco ha tre giocatrici che negli ultimi anni hanno sempre giocato in C e alcune giovani interessanti fisicamente, il Caldaro invece l’anno scorso gli è andato tutto bene e diverse sicurezze le hanno. Poi tutte le squadre possono contare su altre giocatrici esperte di C o anche di B, quasi tutte almeno una giocatrice buona per la serie B ce l’hanno. Molte volte questa mancanza di esperienza ci sono costati set, partite e quindi punti”.
Visto soprattutto quanto è importante la testa in questo sport... per di più nel femminile...
“Nel femminile il discorso motivazionale e l’avere sempre un obiettivo in testa è essenziale. Per quel che riguarda noi io credo di avere in squadra ho due o tre giocatrici che meriterebbero di provare a giocare nella categoria superiore, che in B secondo me potrebbero fare esperienza per concretizzare il loro potenziale. Ne sono convinto. Ho letto l’intervista che proprio tu hai fatto a Marco Mongera qualche mese e la stessa cosa di un ciclo di sconfitte che rende tutto più difficile è capitato anche a noi. Poi noi siamo incappate nella nostra gara più brutta di questa stagione proprio contro il Caldaro, quando potevamo vincere abbiamo invece giocato la partita più brutta che potevamo giocare. Poi esco dal campo con l’allenatore del Caldaro che stappa una bottiglia di spumante in campo e allora questa è stata la mazzata definitiva. Quel gesto non l’ho davvero digerito, credo sia stato il gesto di antispositività più brutto che ho visto in 20 anni di pallavolo. Questa cosa m’ha dato particolarmente fastidio. Personalmente, a parti invertite, non avrei mai fatto una cosa del genere”.
Avete in programma qualcosa di particolare se, magari, in queste ultime cinque partite riuscirete a strappare almeno un punticino?
“Le porto tutte in un centro benessere nella serata del prossimo allenamento. Io non entro e loro le lascio dentro a godersi il centro per una serata. Non saprei fargli un regalo migliore di una serata in un centro benessere, pago io tutto quanto, se lo meritano per il lavoro che hanno fatto quest’anno e per l’impegno che ci hanno sempre messo in allenamento”.
Che tipo di divario c’è fra voi e le altre squadre? Tecnico, di esperienza, di organico?
“Tecnico e di esperienza. La maggior parte della squadra sono ragazze giovani e quando poi, causa tante sconfitte, in partita ti manca la testa giusta allora diventa sempre più ampio questo divario tecnico. Poi capitano di giocare contro giocatrici d’esperienza contro le quali dovremmo fare determinate cose, tipo giocare una fast diversa contro centrali d’esperienza, ma come possiamo se magari un altro tipo di fast la mia alzatrice e la mia centrale nn l’hanno mai fatta finora?”
Come mai questa estate allora avete deciso di affrontare la C anzichè la D coi diritti del Neugries? Forse in D potevate prendervi qualche soddisfazione in più...
“E’ stata una scelta maturata mentre stavamo facendo una valutazione se optare su un gruppo misto di giovani ed esperte per la serie D. Però un paio di nostre giocatrici erano tentate da una esperienza in categorie superiori alla D, così rischiavamo di avere un gruppo troppo giovane per la serie D. In più il ruolo dell’alzatrice in val di Non è praticamente introvabile, in tutto il Trentino è quasi introvabile ma trovare una ragazza che viene tre volte in settimana a Taio per palleggiare è difficile. Con una serie C invece avevamo più appeal e così abbiamo trovato una alzatrice, chi doveva andare via è rimasto ed ora eccoci qui”.
Adesso come adesso siete pentiti della scelta?
“Pentiti per il discorso che il mio timore e quello della società era che le ragazze potessero demoralizzarsi e potesse sfaldarsi il gruppo, cosa che era già successa due annui fa quando si era retrocessi dalla C alla D. Ho la sensazione che questa squadra non sia da 0 punti in classifica, non da salvarsi obiettivamente ma potevamo fare un campionato un po’ come il Caldaro portandoci a casa qualche punto. Il nostro campionato forse è finito ad Arco, quando potevamo vincere ed invece abbiamo sbagliato troppo e abbiamo perso il treno. Fino lì avevamo perso set e partite davvero per un non nulla”.
Anche se questa serie C è ormai da mesi un torneo abbastanza definito, con valori abbastanza delineati, al vertice e poi anche con un bel numero di squadre molto vicine fra loro a centro classifica.
“Il San Giacomo era la favorita d’obbligo e l’ha dimostrato. Il Marzola ha fatto determinate scelte ma contro un gruppo omogeneo come il San Giacomo quest’anno era difficile per qualunque squadra. Poi hanno una Irene Plaickner che, per me, è la più forte giocatrice che abbiamo in regione”.
Saltando completamente di palo in frasca come solo io so fare: come mai hai deciso di fare oltre all’allenatore anche l’“uomo delle statistiche”?
“Perché ero scarso a giocare e allora mi hanno messo a fare statistiche... Quando avevo 15 anni ho cominciato ad allenare, m’hanno chiamato in C1 all’Argentario e l’allenatore di allora Dianti mi ha chiesto in panchina di segnargli attacchi e tutti. Poi pian piano sono cresciuto ed ho cominciato sempre più a fare statistiche. Poi è arrivata l’occasione di Molveno che al tempo comprò Data Volley. Quindi una cosa tira l’altra ed eccomi qui, a fare statistiche cosa che mi piace molto. Poi ci siete voi giornalisti che tenete le vostre di statistiche che non sempre coincidono con le nostre. Un giorno ho parlato con Vergnaghi, il libero di Cuneo, e m’ha detto che le statistiche che avevamo fatto noi coincidevano con le loro. Per uno scout man questa è una soddisfazione, una bella soddisfazione. Noi poi al PalaTrento siamo nella posizione ideale per valutare la ricezione, ma vista proprio questa posizione facciamo difficoltà solo per vedere chi in effetti compie un muro. Per questo conto sempre su Biancardi, che urli al megafono chi mura...”.
Parlando con diversi allenatori di diverse categorie, fissati o meno con le statistiche, in molti mi han detto una cosa a riguardo: “le statistiche ed i numeri danno un indicazione su come va la partita, ma più importante dei numeri è sempre la sensazione umana, l’occhio di guarda le partite”. Tu che di numeri sei un esperto che dici?
“Questa è una diatriba di qualche anno ormai. C’è gente che guarda troppo le statistiche e altri che non le guardano per niente. Bagnoli per esempio le guarda all’esasperazione. Le statistiche possono dirti che un giocatore non gira. Ma, ti pongo un esempio, se Giba non gira che fai? Lo cambi? No, uno come Giba muore in campo, perché con poco può cambiarti la partita. Sono utili gli scout in preparazione alla partita, se conosci un giocatore come gioca, attacca, riceve, batte ecc... puoi prepararla molto bene. Bagnoli mi ricordo in una partita ha fatto ricevere al 100 per cento uno come Cernic, ma Modena in quella partita ha perso 3-0. Perché aveva trovato il bandolo della matassa, perché vedendo come ricevendo usciva la palla aveva studiato tutta una serie di situazioni che sapeva dove andava la palla. Anche Luca Moretti era una grande nel preparare le partite”.
Qual è stato l’allenatore con cui hai lavorato più “malato” di statistiche?
“Ho lavorato con diversi allenatori come Molinari, Pasi, Giuliani, tutti molto bravi, ma Moretti m’ha dato tanto sotto questo punto di vista perché le usava moltissimo. Io vedevo le partite e facevo le statistiche degli avversari, lui le faceva leggere e studiare a Coco, così si sapeva già come arrivava la palla, come avrebbero attaccato, nelle diverse situazioni. Servono molto le statistiche per la preparazione della partita. Se devi affrontare una squadra sono molto utili. A parte Moretti che le voleva anche durante le partite, poi anche Giuliani era uno che le studiava con attenzione, ma bene o male tutti le usano ormai, sono fondamentali ormai per l’allenamento”.
Personalmente sto portando avanti un discorso da tempo ormai, ovvero che secondo me ogni squadra di ogni categoria nazionale o regionale farebbe bene a tenere almeno le statistiche di base (punti totali, muri, ace, errori, percentuali d’attacco) perchè con poco lavoro si può avere un piccolo aiutino in più per lavorare poi in palestra.
“Io ho visto che bene o male tutti le tengono ormai, io me le guardo velocemente perché credo che un allenatore dopo un po’ conosca i problemi di fondo della propria squadra, ma usi il lavoro di Data Volley e Data Video per gli avversari. Ne vedono pochi che non le tengono ormai. E’ un lavoraccio anche quello di scoutman, io ho la fortuna di avere una persona come mia moglie che ormai sono sei anni che mi è compagna in palestra e nella vita”.
E’ più difficile fare il direttore sportivo di una squadra maschile di B1 (Mezzolombardo, ndr) o l’allenatore di una squadra femminile di serie C?
“Ti rispondo così: io dopo l’ultimo anno in B1 ho scelto di fare l’Under 13 femminile a Mezzolombardo piuttosto che lavorare ancora con allenatori e giocatori professionisti. L’entusiasmo dei ragazzini è bellissimo, mi ha colpito moltissimo. C’è un episodio che ti racconto con molta serenità: l’anno scorso in Under 13 contro il Basilisco, il derby, stavamo perdendo 2-0 e io ho detto alle ragazzine che se vincevano il terzo set avrei comprato il gelato a tutte. E hanno vinto! E’ bastato dargli un piccolo stimolo come quello del gelato che hanno tirato fuori tutto e vinto col Basilisco che fino ad allora aveva perso solo un set. E alla fine ho dovuto comprare il gelato a tutte”.
Direttore sportivo, allenatore e “uomo dei numeri”: di tuo quale senti più il tuo ruolo?
“Giocatore, nel senso che lo stare in campo a giocare è sempre un qualcosa di unico e irripetibile. Anche se poi le mie soddisfazioni nei vari ruoli me le sono prese”.

CHI E’ FEDERICO PAPA

Nato a Copparo il 21 settembre del 1970, ha iniziato a giocare a pallavolo nel 1984 nella Virtus Nordauto, in C2. Dopo di che è stato, sempre fra C2 e C1, nel Titania, di nuovo alla Virtus, quindi all’Argentario, al Martignano, nuovamente all’Argentario prima di smettere. Nel 1992 ha iniziato ad allenare, giovanili (attualmente allena ancora la Rappresentativa) all’Argentario. Dopo tre anni fermo è tornato ad allenare a Molveno dove faceva anche lo scoutman, quindi è stato ds al Mezzolombardo e ora allenatore del Predaia.

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