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Il personaggio

Christian Bernabè, Salumificio Trentino (B2 masch)

Ok ragazzi, chiedo scusa ma è pur sempre estate ormai… Quindi scusate se questo giro per il “Personaggio” mi metto bermuda rosse, canotta giallo-viola di Kobe Bryant, mutandoni ascellari, ciabatte fucsia e occhiali da sole e me ne vado sul Garda. Macchè vacanza, se mi prendo alcuni giorni senza rompere le scatole al mondo pallavolistico di casa nostra è perché me ne sono andato a Cuneo, non certo sul Garda. Sul lago ci vado questo giro, ma stavolta per rompere le scatole come solo io posso fare. E questo giro tocca al buon Christian Bernabè, libero del Salumificio Trentino C9 Arco Riva già retrocesso ma soprattutto una delle bandiere della pallavolo di casa nostra. Professione libero. Libero di volare. Libero si sognare. Libero di essere sé stesso. Per noi giornalai fare titoli o pseudo-tali con libero è anche facile. Meno facile è farlo il libero, è vestire una maglia diversa e un ruolo completamente diverso da quello di tutti i suoi compagni di squadra. “Avrei voluto fare il portiere, era vestito meglio e stava fermo” cantavano i Bluvertigo e questo è applicabile anche per il libero nella pallavolo. E allora col buon “Berna”, storico ex portacolori dell’Argentario, andiamo anche a scoprire cosa serve per esser un buon libero. Andiamo a scoprire questo personaggio con la maglia diversa. Buona lettura!!

Ciao Christian, come stai?
“Tutto bene dai, tu?”
Ho passato momenti migliori ma non mi lamento mai. Vado subito al sodo, cos’è mancato quest’anno al Salumificio Trentino?
”Però, parti subito con domande facili è? Non è facile rispondere. Certo rispetto all’anno precedente per l’Arco erano cambiate molto cose, molti ragazzi erano alla prima esperienza in un campionato come la B2 quindi non c’era l’esperienza per la gestione delle partite e dei giocatori. E la mia è una critica costruttiva. Non dico che ci sia stata superficialità nell’affrontare questa stagione perché non è assolutamente così, ma non si aveva l’esperienza necessaria. Il C9 ha tantissima esperienza di giovanile ma questa era la prima volta che la loro prima squadra si cimentava con un campionato di questo livello e quasi tutti noi lavoriamo durante il giorno e la pallavolo è uno sfogo la sera. Mentre se guardiamo tutte le squadre di vertice hanno almeno due o tre professionisti, gente che in tutto il giorno fa solo quello. Noi sbaglieremmo tanto, ma solo chi non lavora tutto il giorno poi può non sbagliare nemmeno una palla in partita”.
Sarà un caso ma quasi tutte le neo-promosse sono retrocesse quest’anno: in un campionato difficile come la B2 l’esperienza è un fattore indispensabile?
“Sì, l’esperienza è un qualcosa di fondamentale. Se guardiamo bene tanti di noi erano al primo anno in B2, così come per Gianluca stesso (Carrara, ndr) era la prima volta che allenava in un campionato nazionale. I nostri errori derivano soprattutto da quello, dall’inesperienza. Poi probabilmente la società si aspettava di aver allestito un parco giocatori diverso, più forte, ma all’ultimo Zancarli ha detto di no e Lutterotti s’è fatto male perdendo praticamente tutta la stagione. E l’assenza di un giocatore d’esperienza come Marco s’è fatta sentire parecchio”.
Secondo te adesso l’Arco cosa dovrebbe fare? Ripartire dalla C col loro grande settore giovanile oppure ritentare l’esperienza in serie B comprando i diritti, come si vocifera?
“Ti dico, l’ultima volta che io e te ci eravamo sentiti ti avevo detto che salvarsi era difficile e che dovevamo porci dei traguardi intermedi. Ora raggiungere quel quartultimo posto è uno di questi traguardi intermedi, non sarà molto ma è pur sempre un obiettivo che ti spinge a lavorare in palestra nonostante tutto. Sicuramente per i ragazzi di Arco questa esperienza in serie B2 è stata molto importante, per l’allenatore anche e spero che questa annata insegni alla società a valutare più cose diverse prima di affrontare un tale campionato. Cioè a non giudicare giocatori solo dai loro trascorsi in serie B bensì anche l’amalgama del gruppo, un giocatore può rendere cento in una determinata situazione e in una determinata squadra mentre inserito in un altro contesto può rendere dieci. Qualunque cosa la società deciderà di fare per il futuro fanno bene a puntare sui ragazzi di Arco, insieme però ad atleti con determinate caratteristiche. Se il C9 potrà rifare la B2 sicuramente sarà un bene per tutto il movimento della Busa”.
Anche perché l’anno prossimo ci sarà un altro bell’affollamento in B2, con l’arrivo anche del Mezzolombardo…
“Fin quando non sarà matematico io non dirò nulla, non voglio portare sfortuna. Lo spero comunque per i ragazzi di Angelini, se la meriterebbero questa soddisfazione”.
Quest’anno avete vissuto anche alcuni momenti difficili, non dovrebbe essere facile trovare sempre gli stimoli e le motivazioni per andare in palestra tutte le sere…
“Non è facile no, ma per nostra fortuna siamo riusciti a trovare delle prestazioni importanti proprio nei momenti peggiori della nostra stagione, in alcuni momenti di stasi. Ad esempio, dopo quattro sconfitte di fila siamo riusciti a vincere e cose di questo genere ci hanno aiutato a sopportare i momenti più difficili. Sai, quando perdi tante partite di fila e non riesci a giocare allora sì che la situazione si fa durissima. Poi quest’anno abbiamo raggiunto una bella amalgama di gruppo e grazie a questo gruppo siamo riusciti a vivere serenamente questa situazione. Mettere insieme dodici caratteri diversi è durissima, ma siamo riusciti a creare un bel gruppo e una bella amalgama di squadra. E anche questo ci ha aiutati a superare momenti nei quali, ad esempio, giocavamo malissimo e perdevamo contro squadre alla nostra portata perché eravamo troppo timorosi e “bloccati”. Viceversa spesso contro le squadre più forti abbiamo potuto giocare più sciolti e siamo riusciti a fare delle belle prestazioni. Poi ti giuro una cosa Niba: in 20 anni che sono nel mondo della pallavolo da nessuna parte avevo mai visto un pubblico come quello di Arco. Non è una sviolinata la mia, è la verità. Ad Arco contro ogni avversario debole o forte che sia il pubblico riempiva la palestra, i bimbi ci chiedevano autografi e di fare le foto con loro, sia che vincevamo sia che perdevamo ci facevano sempre i complimenti ed è stato bellissimo. Si sentiva proprio tutto il calore e la vicinanza della gente. E’ stato bellissimo e anche questo ci ha aiutato. Così come la società e il presidente ci sono sempre stati vicini, non ci hanno mai messo pressioni, anzi. Ti racconto un aneddoto: a inizio campionato abbiam vinto “solo” 3-2 contro una squadra al nostro livello e il presidente non era arrabbiato perché non avevamo fatto i tre punti, anzi ha portato le paste a tutti negli spogliatoi. Non mi era mai successo nulla di simile”.
Che doti servono per essere un buon libero?
”Mamma mia, bel domandone… Dunque, ci sono diverse scuole di pensiero. Ci sono allenatori che pensano che un libero debba soprattutto ricevere, mentre ce ne sono altri che pensano che un libero debba soprattutto saper difendere. Dipende sempre molto dalla situazione e dall’allenatore. Io sicuramente sono migliore in difesa che in ricezione, poi ho anch’io i miei limiti come tutti. Quello del libero è un ruolo nel quale devi sempre restare concentrato, non puoi distrarti un secondo. Spesso è capitato che gli schiacciatori che per una partita dovessero fare il libero perché io non c’ero venissero da me a dirmi “oh, non è mica facile fare il libero”. Certo! Gli schiacciatori possono sfogarsi schiacciando, battendo o murando, mentre il libero deve sempre tenere la testa e l’attenzione giusta solo sulle sue cose. Per questo ruolo l’attenzione, la concentrazione, la precisione e la velocità sono doti fondamentali”.
Concordi con chi ti definisce il miglior libero della regione?
”Io?? Ma sei fuori? Non scherziamo dai, questa storia è venuta fuori perché ho sempre avuto allenatori molto buoni con me, con i quali ho avuto ottimi rapporti. So che gli allenatori bene o male sono sempre contenti di me, anche perché vedevano che se anche non ci arrivavo non mollavo mai, almeno ci provavo sempre e comunque. Ma da qui a definirmi il migliore ce ne passa. Per me il più forte è Sergio De Agostini, anche se non è di qui ormai è trentino acquisito e lui è davvero mostruoso. E’ il numero uno, sa fare cose incredibili e poi ha un senso della posizione impressionante, una precisione chirurgica in tutto quello che fa a dispetto dell’età, mi spiace che quest’anno si sia fatto male. Un altro libero molto bravo è Ricky Goi del Bolghera, ha un bel istinto ed è molto bravo, per me lui è senz’altro uno dei migliori”.
Come si diventa dei bravi liberi?
”Per prima cosa, ma è così per tutti i ruoli, ci vuole davvero tanta passione. E’ quella che ti fa andare sempre in palestra, che ti fa mettere la pallavolo sopra a tutto il resto, che ti porta a fare dei sacrifici, che ti fa chiudere un occhio anche quando non si dovrebbe chiudere. E poi ci vuole tanto spirito di sacrificio e avere dei buoni insegnanti e dei buoni educatori. Che siano in grado di insegnarti come si lavora”.
Visto che sei entrato in tema di educatori e allenatori, questi ultimi sanno allenare un libero, visto che è un ruolo ancora relativamente giovane?
”E’ dura allenare un libero, non è una cosa facile. Soprattutto se come capita spesso un allenatore è da solo in palestra ad allenare. La stessa cosa succede con i palleggiatori, se sei da solo non riesci a fare programmi e allenamenti differenziati e su misura, bisognerebbe avere almeno un secondo allenatore che ti dia una mano. Una cosa che sarebbe utile soprattutto nel giovanile, dove capita anche spesso di vedere nel primo allenatore una figura piuttosto autoritaria, “cattiva”, mentre spesso il secondo è un po’ l’anello di congiunzione con la squadra e con una figura così per i ragazzi e le ragazze è un bell’aiuto in più in palestra a 360 gradi. Per me tante cose se non tutto partono dal giovanile, lì un ragazzo si imposta per il suo futuro in questo sport”.
A proposito di allenatori, che ti voglia farlo “da grande” non è certo un mistero?
“L’anno scorso ho aiutato Monica Dal Corso col gruppo che adesso ha Hernandez in Under 18 e vedere che stanno stravincendo il loro campionato e che stan facendo benissimo in serie D per me è una soddisfazione enorme. Sono molto orgoglioso di loro. L’esperienza per provare a fare l’allenatore credo di averla, ma ancora per qualche annetto voglio giocare e poi si vedrà. Di sicuro adesso come adesso è difficilissimo coniugare le due cose, allenare e giocare insieme se durante il giorno poi si lavora allora diventa quasi impossibile. In futuro però non lo escludo, ma solo maschi però, non mi sento di lavorare nel femminile. Si tratta di una questione di scelte, di fare ciò che ognuno si sente di fare, ognuno ha la sua visione delle cose per variegati motivi. In passato ho dato una mano a Mauri (Maurizio Radice, ndr) con l’Under 14 dell’Ata e da lì ho capito che non fa per me. E’ già durissima tenere i ragazzi in palestra, visto che per i maschi ci sono mille alternative, mentre per femmine è diverso. In certe fasce d’età le alternative alla pallavolo sono pochissime per quelle che vogliono praticare un po’ di sport. Ricordo che una volta, quando ero all’Argentario, il mitico Paolo Visintainer mi ha detto “è già un grande risultato partire in 12 e arrivare in 12”, a me è capitato poi di partire in 10 e arrivare in 14. Una soddisfazione grandissima per me”.

CHI E’ CRISTIAN BERNABE’

Nato a Trento il 25 giugno del 1975, “Berna” ha cominciato a giocare a pallavolo nel Martignano a metà anni Ottanta, prima della fusione e della nascita dell’Argentario Calisio. Per lui una vita intera all’Argentario, dove ha fatto tutta la trafila delle giovanili, serie D, Prima divisione e variegate serie C e due stagioni in B2. In carriera anche quattro anni al Villazzano in C, una stagione (la scorsa) alla Tridentum in B2 e questa al Salumificio Trentino. Per lui poi tre promozioni dalla C alla B2 e un bel numero di Coppa Trentino e Coppa Triveneto.

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