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Il personaggio

Georg Körner, Bozen Jodler (D femminile)

Dalla serie A alla serie B, fino adesso ad intraprendere la carriera di allenatore. Georg Körner, altoatesino, allenatore del Bozen Jodler in serie D. Con lui, in questa terza puntata della nostra rubrica settimanale, una chiacchierata a metà strada fra passato e presente, fra maschile e femminile, fra ricordi e ambizioni per la nuova carriera.

Allora Georg, come sta andando questa esperienza di allenatore in serie D femminile?
«Beh, direi che sta andando avanti abbastanza bene. Per me questo è ormai il terzo anno che faccio la serie D e per il secondo anno consecutivo possiamo centrare i playoff. Sono molto fiducioso, tocchiamo ferro ovviamente, ma se va tutto bene anche quest?anno centreremo l?obiettivo che ci siamo prefissati ovvero i playoff».
Come mai la scelta di allenare nel femminile anzichè nel maschile?
«Credo sia stata una scelta obbligata direi. Se ci fossero qui in Alto Adige anche squadre maschile che lavorino seriamente sulle giovanili potrei allenare quelle. A me piace lavorare con i giovani, sono diventato allenatore per quello, ma se ci fossero squadre maschili con progetti solidi sarei tentato».
Tasto dolente... perchè in Alto Adige la pallavolo maschile fa così tanta fatica ad attestarsi?
«Nel maschile si soffre davvero tanto. Adesso magari con l?esperienza che c?è stata della A2 qualche ragazzo si è avvicinato alla pallavolo, ha cominciato a venire in palestra e questo sarebbe importante: attirare i giovani. Bisogna ripartire da loro, perchè se pensiamo che fino a poco tempo fa in Alto Adige non si facevano nemmeno alcuni campionati giovanile... è una cosa molto triste».
I due anni di Alto Adige Südtirol in A2 hanno fatto bene al movimento?
«Qualcosa si è mosso, ma in verità non un granchè. Forse è stata un?esperienza troppo breve per incidere a fondo sul movimento. Anche perchè il pubblico che andava alle partite non era molto numeroso, colpa un po? della mentalità suditirolese. Piuttosto si va a sciare oppure a praticare dello sport, anzichè andare a vedere una partita».
Quelle due stagioni biancorosse: solo una breve parentesi oppure un?occasione sprecata?
«Questo non lo so. Il problema è che a quel progetto è mancato il sostegno del pubblico e degli sponsor. Magari quando la società è arrivata da Mezzolombardo si aspettava un genere di riscontro che invece non c?è stato».
Eppure i buoni giocatori in Alto Adige non mancano...
«No, questo è vero. Ogni tanto ne è uscito qualcuno di molto bravo, gli ultimi dei quali penso siano Götsch o Egon Lamprecht. Questo dimostra che le potenzialità ci sono, i ragazzi ed i giocatori interessanti anche, ma bisogna dar loro il posto per crescere. Invece per giocare a certi livello devono sempre spostarsi in Trentino. Società che appoggiano il maschile ci sarebbero anche in Alto Adige, ma tutti poi si orientano nel femminile. I motivi sono tanti, sono scelte societarie ben precise che io, personalmente, a volte non capisco. Poi nelle femmine puoi pescare fra 200 atlete, nel maschile invece fra 20 appena».
Georg, torniamo a questa serie D nella quale l?Alta Valsugana sta dimostrando di esser la più forte...
«Vero, è una squadra che mi è piaciuta molto. Sono molto completi in tutti i reparti, mi sembra che adesso abbiamo un po? di problemi con una centrale che si è fatta male ma ho visto sono riuscite a vincere anche senza, segno che anche la panchina è di buon livello e che tutta la squadra è bella squadrata. Poi in questo campionato ci sono anche altre buone squadre, penso al Caldaro ad esempio, ma differentemente dall?Alta Valsugana è una squadra basata solo su un paio di giocatrici».
Mentre il tuo Bozen Jodler, quarto in classifica, come lo definiresti?
«La mia è una squadra che è un po? un miscuglio fra alcune ragazze molto giovani ed atlete un po? più esperte. Molte delle mie ragazze sono le ex Lana, più un gruppo di giovani molto interessanti. Penso che affiancare a queste giovani ragazze più esperte possa essere un buon modo di farle crescere, dando loro la possibilità di allenarsi in un certo modo e poi di giocare con continuità il sabato».
Quella di quest?anno sembra una serie D equilibrata solo nella parte centro-bassa della classifica, le prime quattro invece fanno un torneo a parte?
«Esatto. Penso ormai sarà così sino a fine stagione, i valori si sono allineati ormai».
Del livello di questa serie D che te ne sembra?
«Quest?anno, a dire il vero, mi sembra un po? più basso rispetto all?anno scorso. Se faccio un confronto con la serie C vedo tantissima differenza. Ce ne siamo accorti anche l?anno scorso, durante i playoff, del divario che c?è fra serie C e serie D. Si dice spesso che il livello cali perchè in D si lanciano sempre tantissime giovani, le atlete più esperte o con possibilità di farlo vanno a giocare in serie C per cui è normale che l?impressione sia di un livello più basso. Però bisogna dare fiducia a queste giovani, è giusto che crescano giocando».
C?è qualche giocatrice che ti ha impressionato particolarmente fino a questo punto del campionato?
«Piccola premessa: sono un disastro nel ricordare i nomi... Comunque, a me piace molto una centrale del Bassa Vallgarina, che se non erro adesso si è anche lei infortunata. È una giocatrice fra le più anziane di quel gruppo, fisicamente molto forte e secondo me una delle più forti giocatrici di questo campionato (proviamo a ricordarla noi, allora, si tratta di Maralba Abbondi, per caso? Chi ne fosse a conoscenza ce lo faccia sapere, ndr)».
Qual?è il tuo obiettivo di allenatore?
«Io ho un solo obiettivo, cioè il lavoro con i giovani. Voglio fare crescere giovani, poi se vengono anche soddisfazioni personali ben vengano. Ho avuto alcune proposte anche di altre squadra, ad esempio il San Giacomo in serie C ma quello lo vedremo più avanti. La cosa che mi interessa di più è che alla base di tutto ci sia un progetto serio. Che ci sia dietro una volontà precisa di crescita delle giocatrici ed un progetto interessante».
Facendo un passettino indietro, a quando eri giovane ed eri a Falconara, che fine hanno fatto alcuni tuoi compagni di squadra tipo un certo Samuele Papi?
«Erano tutti ragazzi eccezionali. Papi, ad esempio, è rimasto sempre il ragazzino di una volta che prende e gioca con la Playstation. Anche Fracascia, che ora è diventato un ottimo allenatore, è rimasto sempre un tipo con i piedi ben piantati per terra. Ogni tanto in estate ci sentiamo ancora, quando siamo al mare, magari durante un qualche torneo di beach volley. Di quegli anni a Falconara mi ricordo tantissime cose, è stata un?esperienza unica che auguro a chiunque. Anche perchè per un uomo di montagna che va a vivere al mare, è davvero un bel cambiamento».
A detta di tutti le Marche sono la ?culla della pallavolo italiana?, come si lavora lì?
«Si inizia già prestissimo. Proprio magari sfruttando il mare i bambini cominciano a giocare a beach volley già a 4/5 anni. E già verso quell?età cominciano ad arrivare in palestra. Poi nelle Marche hanno strutture e persone giuste per farli crescere questi bambini e farli diventare ottimi giocatori».
La serie A la segui ancora?
«Sì, ho poco tempo per andare a vedere l?Itas ma la seguo ancora».
E allora che impressione ti fa quest?Itas 2005/2006?
«Mah, è una squadra strana. Le potenzialità per fare benissimo le ha tutte, però è un po? discontinua finora. A volte fa risultati da scudetto mentre altre volte perdono con le ultime della classe. Finora hanno un ritmo altalenante, dovranno adattarsi probabilmente al sistema di allenamento brasiliano che è molto diverso da quello italiano. Penso che i frutti del lavoro di quest?anno si vedranno soprattutto l?anno prossimo».
Della tua serie A che ricordi conservi come i più preziosi?
«Sicuramente l?aver potuto partecipare ai Mondiali militari a San Diego. Quello sicuramente poi quando ho potuto giocare titolare nei playoff di serie A1 - tutto davvero un altro mondo - con Falconara. Un?emozione incredibile».
Invece in serie B la tua ex società della Ronda Atesina, oggi Blue City, sta davvero facendo bene.
«La seguo molto volentieri, anche perchè quest?anno gioca lì Filip Götsch. Mi sembra il loro sia un ottimo campionato, per la B1 hanno gran bella squadra con innesti da fuori nel posto giusto e un gruppo di ottimi giocatori regionali».
Se dico Molveno cosa ti viene subito in mente?
«Giuliano Agazzi. Lui e Sergio De Agostini, siamo grandi amici dai tempi di Molveno. Giuliano è un giocatore di A2 che in B2 fa più che la differenza, basti pensare che già la vittoria della B2 a Molveno è soprattutto stata merito suo. Vedo che quest?anno fa grandi cose con Giandonato Fino, è giusto che lui si diverta e vada avanti per la sua strada ora con Cles dopo Molveno. Giando fa qualcosa per tutto l?ambiente della pallavolo, fa muovere la gente, attira e tiene l?attenzione alta sulla pallavolo in diverse piazze».
Chiudiamo con un bel quesito, difficile rinunciare ai tornei estivi?
«Per me personalmente sì. Mi piacciono molto, faccio sempre il circuito di beach volley e quando posso vado a cimentarmi anche con i tornei sull?erba».

CHI E' GEORG KÖRNER

Georg è nato a Bolzano l?1 settembre del 1971, opposto o schiacciatore, è alto 193 centimtri. Dopo aver fatto la trafila delle giovanili nelle società altoatesine nel 1991 viene notato dalla mitica Sira Falconara che lo porta nelle Marche, la ?patria del volley italiano?, dove esordisce in serie A1. Veste nel 1993 la maglia della nazionale italiana ai Mondiali Militari di San Diego. Rimane a Falconara nella massima serie sino alla stagione 1993/1994, quindi una stagione in A2 sempre con la maglia marchigiana prima di rientrare a casa. Dal 1995 al 1997, infatti, è in B1 con l?Itas Btb Mezzolombardo con il quale conquista la prima, storica, promozione in A2 della pallavolo regionale. Rimane nella piana rotaliana anche la stagione successiva, nella prima stagione di A2, prima di prendere armi e bagagli e salire di qualche chilometro sino a... Molveno, dove dal 1998 al 2000 gioca in B2 conquistando anche la promozione in B1. Quindi, l?anno successivo, ancora B2 ma stavolta con la maglia della Ronda Atesina a Trento. Ed ora ha intrapreso la carriera di allenatore.

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