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Il personaggio

Pino Mazzon, presidente Federvolley trentina

Sabato sera, volenti o nolenti, praticamente tutto finirà. I nani torneranno a casa, le ballerine smetteranno di danzare, i suonatori cesseranno di suonare. Si rimetterà la tuta nell’armadio, insieme a maglietta e pantaloncini, pronti a tirarli fuori quando l’estate sarà al crepuscolo. Con l’ultimo atto dei playoff/playout si chiuderanno praticamente tutti i campionati, dando il via a quell’estate che nella pallavolo non è solo mercato e chiacchiere, ma è anche beach e green volley. Ma inizierà poi il tempo dei bilanci, del tirare le somme, delle pacche sulle spalle oppure dei rimorsi. Ed allora per avere un quadro generale di come la pallavolo trentina esce da questa lunga, appassionante, intensa e coinvolgente stagione, a chi possiamo rompere le scatole se non al presidente della Federazione? Pino Mazzon, ormai da 13 anni boss della Fipav trentina, traccia un bilancio (federale e non) di questa stagione. Con un piccolo occhio sul futuro, da bravo «Personaggio della settimana». Buona lettura.

Allora presidente, dammi un aggettivo per definire la stagione che si sta chiudendo...
«Bella domanda... Per quanto riguarda noi è stata una stagione abbastanza normale. Se dovessi definirla la chiamerei una stagione di esperimenti. Mi riferisco in particolare al Club Regione ed al tour degli incontri di minivolley organizzato durante tutto l’arco dell’anno. Per noi il Club Regione è stato un esperimento e ora valuteremo come è andata, potremo proseguire noi ma vogliamo che questo sia anche un esempio per altre società che vogliano seguire il nostro esperimento. Qualche società magari che voglia puntare pesante sul giovanile. Per noi era più facile organizzare una cosa così perchè le ragazze restavano delle altre società. Per noi è stato un impegno certamente, ma questa prima stagione era quella per decidere se andare avanti, chiaro che adesso bisogna valutare bene come è andata e poi il da farsi. Di sicuro in futuro bisognerà preservare le ragazze, queste giovanissime non possono fare due campionati da una parte e un altro da un’altra parte ancoracon noi. Non possiamo ucciderle di lavoro queste ragazze. Poi il minivolley in genere da sempre buone soddisfazioni, i corsi sono sempre molto frequentati. Il nostro obiettivo primario è cercare di avere grossi numeri nel minivolley, poi cercheremo di migliorare costantemente anche la qualità. Ma ci serve una base solida su cui lavorare. Quest’anno abbiamo avuto questa serie di incontri organizzati e programmati e c’è stato un grande entusiasmo».
Presidente dica 33: come sta la pallavolo trentina?
«Con la presenza di Trentino Volley ovviamente sta molto bene, nel senso che aumenta la sensibilità e l’attenzione verso questo sport, forse anche al di sopra delle nostre attese. Un discorso questo però valido solamente per il maschile. Per i nostri campionati regionali invece quest’anno ho potuto notare per la prima volta dopo diversi anni tantissimi giovani in serie C e D. Ho visto un’attenzione generalizzata ai giovani, qualche ragazza che gioca titolare anche se una giocatrice più matura meriterebbe posto. Forse un po’ è anche merito del Club Regione, soprattutto per far capire che le ragazze possono giocare in tornei anche un po’ piu in là (ma non troppo) delle loro possibilità. Che cimentarsi con difficoltà alla loro portata è utile per farle crescere. Se il loro livello è appena un po’ sotto serve come stimolo per trascinarle sempre più verso l’alto. Nel complesso comunque la pallavolo trentina sta abbastanza bene. Abbiamo la tendenza di spararci complimenti come numeri alti, la nostra pulizia ecc... ma senza approfittare del momento difficile di altri sport noi possiamo dire che nel nostro mondo siamo abbastanza contenti».
Secondo la Federazione i problemi più urgenti della nostra pallavolo quali sono?
«IL problema, tutto maiuscolo, ad oggi, credo sia il problema arbitrale. Abbiamo pochi arbitri e conseguentemente tante difficoltà a coprire tutte le partite di tutti i campionati. Adesso purtroppo non è strano trovare ragazzi che incontrano per la prima volta un arbitro federale solo dopo i 15/16 anni. Ti racconto un episodio, domenica scorsa ero a vedere le finali di Under 13 e di Terza Divisione e c’erano alcuni ragazzi sorpresi che l’arbitro fischiasse una portata. Non ci erano abituati, non credo gli sia mai successo prima. Senza numeri è difficile migliorare la qualità, con un po’ di pazienza e avendo fiducia nei più giovani credo però che presto aumenteranno numeri e qualità. Abbiamo un gruppo di arbitri giovani che iniziano ad arbitrare con la mentalità giusta, qualche buona nuova leva c’è e bisogna aver fiducia in loro. La loro è una carriera sportiva difficile e rispettabilissima».
Come mai però la squadra che vince la serie C nove volte su dieci deve vendere i diritti poi? Come mai la C non è così formativa nell’ottica della serie B?
«Forse adesso è relativamente facile vincere la serie C. Saranno tornei ben equilibrati ma per i nostri atleti che disputano le nostre serie C, maschile e femminile, se poi non c’è un investimento sufficiente in serie B tornano giù subito. Con i ragazzi soprattutto s’è visto spesso, temo ci sia un grande salto fra C e B. Per quel che riguarda il femminile, ad esempio, io dico sempre peccato che non troviamo un Mosna in gonnella che dia lo strappo definitivo verso l’alto anche per le squadre femminili. Sarebbe davvero una gran bella cosa. A me piacerebbe poi che queste squadre lavorassero pesantemente sul giovanile, altrimenti siamo forti perchè abbiamo le possibilità di andare a prendere fuori regione i giocatori. Arrivare ai livelli più alti con le sole proprie forze è impossibile, ma creare una “scaletta” che veda alcuni alteti nati nel vivaio inseriti in prima squadra ci dovrebbe essere. La mia soddisfazione sarebbe vedere in tutta questa mole di squadre di serie B che abbiamo tanti ragazzi che ho visto passare nelle diverse rappresentative per il Trofeo Regioni. Vorrei vedere sempre tanti ragazzi crescere bene e magari non diventare campioni di serie A, ma buoni giocatori anche di serie B che continuino a divertirsi giocando».
Una cosa positiva è che l’anno prossimo in serie C femminile ci saranno ben cinque squadre altoatesine, che qualcosa si muova anche a Bolzano?
«A Bolzano si muovono molto bene come struttura di comitato. Noi sistematicamente riceviamo un buon aiuto dal Comitato altoatesino per coprire come arbitri tutte le nostre gare, adesso stanno facendo grandi passi avanti. Stanno crescendo sicuramente, basti pensare che di solito i rapporti fra Trento e Bolzano erano nell’ordine del 70% noi e 30% loro quale “rapporto di forza” nei campionati regionali. Chissà che invece dalla prossima stagione questo rapporto non cambi».
L’Itas ha avvicinato ragazzi alla pallavolo?
«Sono convinto che ci sono 2 aspetti da valutare. Il primo, ha avvicinato sicuramente tanti ragazzi e tante famiglie, quindi genitori che hanno visto di buon occhio il mondo della pallavolo. Ma poi, secondo punto, ha avvicinato soprattutto tanti ragazzi dotati fisicamente. Una serie A1 vuole ovviamente ragazzi fisicamente ben dotati e visto che in casa esiste una realtà che può dare loro delle soddisfazioni questi ragazzi si sono impegnati sempre più nella pallavolo. Le nostre rappresentative attuali, infatti, hanno un’altezza media considerevole».
La pallavolo maschile ad alto livello sta proliferando, due B1 e parecchie B2, ma perchè quella femminile stenta ad arrivare in alto? Solo questione di investimenti maggiori nei maschietti?
«Guarda, in Trentino abbiamo più allenatori nel settore femminile e molti allenatori dal maschile trasmigrano nel femminile perchè ci sono più squadre. Forse però i maschi nel volley ci restano per più tempo, per le ragazze invece è più facile abbandondano ad una certa età. Una struttura societaria che faccia un lavoro economicamente significativo per femminile manca, abbiamo ragazze di buon valore che dobbiamo accettare vadano fuori regione per giocare ad alti livelli. Alcune ragazze che sono uscite se sul territorio esistevano società più solide economicamente potevano stare qui. Nel femminile poi ci sono grandi numeri, ma dobbiamo sempre trovare il modo di far emergere la qualità. Non riusciamo, ad esempio, a fare campionato d’Eccellenza per le giovanili, cosa che invece è stata provata nel Veneto anche se con risultati negativi».
Un campionato d’Eccellenza in che senso?
«Organizzare un campionato giovanile dove possano giocare tutti, poi un campionato d’Eccellenza dove giocano le squadre più forti. Per queste squadre però sarebbe importante confrontarsi fuori regione con altri sestetti di altri campionati d’Eccellenza. Creare insomma una prima fase regionale e poi una seconda fase con gironi d’Eccellenza fuori regione, non è facile però perchè dovremmo trovare altre regioni che lo fanno, organizzare tutto, ecc... Io ci ho pensato più volte a questa possibilità, a dare la possibilità alle squadre ed alle alteti più promettenti di confrontarsi con altrettante squadre promettenti di altre parti d’Italia. Non ho ancora mai proposto una cosa del genere alle società, nè ne abbiamo mai dibattuto nè, tantomeno, stiamo per creare una cosa del genere. Dico solo che ci si può pensare, che possiamo ragionare su alcune formule che cerchino di far emergere le qualità che abbiamo nelle giovanili femminili. Una cosa questa da pensare ovviamente solo per le ragazze, nel maschile non ci sono i numeri per una cosa del genere».
In questi sei anni di A1 sono aumentati praticanti/e e società?
«Quelli sono stabili da anni in un movimento pallavolistico come quello italiano che, però, in generale è diminuito. Quest’anno dobbiamo ancora chiudere i conti ma forse, dopo molti molti anni di crescita continua, c’è stato un leggero calo. Lo sapremo fra poco, il numero globale compende anche alcuni giovanissimi tesserati tardi, per i campionati che iniziano in gennaio, per cui i dati definitivi per la stagione 2005/2006 si sapranno a breve. Ma, fino ad oggi, ci sono segnali preoccupanti».
In questi ultimi giorni però una brutta doccia fredda, la Nazionale che rinuncia al ritiro trentino...
«Guarda, noi quando l’abbiamo avuta qui siamo sempre stati contenti. Non li abbiamo tirati mai per il collo cercando di sfruttarli per motivi promozionali, li abbiamo sempre lasciati tranquilli per allenarsi e prepararsi a dovere. E’ stata una bella bellisima vetrina, il fatto che volessero tornare ci ha inorgogliti parecchio. E’ stata una bella botta questa decisione di non venire più».
Una bella botta turistica e promozionale, non solo puramente sportiva...
«Sì, ma questo non è un discorso che debbo fare io. Chi deve valutare una cosa del genere è chi si occupa dell’immagine del Trentino. Una nazionale che rappresenta risultati come quelli raggiunti, attaccamento, ecc... perderla è stato davvero un peccato».
Questo complica le cose anche in vista dei Mondiali del 2010, non è un segreto che Trento si senta in corsa per uno dei cinque gironi iridati.
«Sarà durissima. Siamo una piccola realtà, è probabile che città più forti e organizzate si preparino per ospitarli mettendo mano ai palasport, sistemando la città e preparandosi al meglio. Avessimo mantenuto la nazionale qui, pensa che ci avevano chiesto anche di firmare un contratto triennale per il loro ritiro a Trento, allora sì avevamo dei crediti da vantare. Ora abbiamo meno possibilità ma ci proveremo. Proveremo anche avvicinandoci ad istituzioni, ne abbiamo già parlato con l’assessore allo sport e speriamo nel sostegno di tutti. Sarà mia cura verificare a livello federale che i giochi non siano già fatti, ma che Trento possa giocarsi comunque le proprie chance».
Quando hai visto che il Club Italia lasciava Ravenna un pensierino almeno di portarlo a Trento lo hai fatto?
«No, veramente no. Sarebbe stato un altro fiorellino all’occhiello, con la presenza costante a Trento degli allenatori della nazionale e forse questo avrebbe favorito anche gli allenatori nostrani. Sapevo però che la partenza di Ravenna era forzata per richieste di altre regioni, per cui...».
Lombardia, tanto per non fare nomi ma solo cognomi... Cambiando discorso, a fine luglio mi ricorda cosa c’è a Trento?
«La World League ovviamente. Una cosa che ci inorgoglisce e ci spaventa un po’ allo stesso tempo, sarà la prima manifestazione del genere che ci tocca organizzare. Ma vogliamo vivere la soddisfazione di riempire il palazzetto, di portare tutti gli appassionati trentini al PalaTrento per un evento del genere».
Ultima cosa, come si vive da presidente della Fipav?
«Credo di essere un presidente fortunato. Sono il presidente del comitato di uno sport bello, che mi piace moltissimo, ancora pulito, con società che lavorano, società che si impegnano seriamente e fanno molti sacrifici. Ricordo sempre che come numeri di praticanti il Trentino ha superato anche diverse sconfitte olimpiche della nostra nazionale che sembravano chiudere la passione per la pallavolo e che invece sono state assorbite. C’è una voglia di giocare solo per il gioco in sè, non solo per emulare, per moda, perchè c’è l’immagine del campione, perchè è lo sport in voga. Ho visto in terza divisione tante ragazze ormai in la con gli anni giocare ancora e comunque e sono contento ci siano ancora queste “vecchiette”, mi piace vedere che continuino a giocare senza mollare. Mi spiace solo non poter fare un campionato separato per quelli più avanti negli anni, perchè vedere gente che continua imperterrito a giocare è un piacere. E questo, vedere tutta questa passione, mi da grandi soddisfazioni».

CHI E' PINO MAZZON

Nato a Levico l’11 aprile del 1948. Si avvicina alla pallavolo in età ormai matura, una ventina d’anni fa, quando il figlio cominciò a giocare a pallavolo. Quasi subito fu “agganciato” dal Comitato trentino di cui divenne presidente nel 1993. Attualmente è al suo quarto mandato.

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