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Il personaggio

Massimo Depedri, Trenta volley (B2 maschile)

Pensavate voi che quest’estate 2006 sarebbe stata come tutte le altre? Solo chiacchiere di mercato e tornei vari? E invece no. Quest’anno c’è anche una “piccola” e interessante novità, ovvero la prima edizione degli Oscar del volley. E, una volta tanto, questi premi non riguarderanno i grandissimi della A1 ma tutta la pallavolo della nostra regione. La Trenta Volley Fiemme Fassa, infatti, ha deciso di organizzare questa prima edizione della manifestazione come chiusura della stagione agonistica. Quale occasione migliore allora per fare un po’ il punto della situazione fra passato e futuro con Massimo Depedri, presidente della Trenta Volley a soli due giorni da questa serata di gala? Buona lettura.

Allora Max, è tutto pronto per questa grande festa di venerdì sera?
«Sì, è tutto pronto. Adesso da venerdì mattina vedremo concretamente se siamo stati bravi o meno. Tutti comunque si stanno dando un gran d’affare perché questa serata venga al meglio».
Come sarà strutturata la serata?
«Ci sarà una prima parte dedicata interamente alle premiazioni, con diversi testimonial come Cristian Deville, Cristian Zorzi, Mirko Deflorian e Davide Simoncelli che consegneranno i riconoscimenti. Premi che saranno assegnati a tutte le regionali, dalla Prima divisione alla B1, che hanno vinto il campionato. Inoltre una lunga serie di premi per i migliori giocatori ruolo per ruolo, gli allenatori, le giovani rivelazioni, i giornalisti, i siti internet e le trasmissioni televisive del settore, oltre a riconoscimenti alla pura passione pallavolistica. Poi un’ora e mezzo di concerto con una band locale e poi dj tutta la notte. Andremo avanti dalle 21 sino alle 3 del mattino».
Come vi è venuta l’idea di questi Oscar del volley?
«Più che altro perché volevamo fare comunque un qualcosa che chiudesse la stagione. Un’iniziativa come società così dopo aver discusso fra di noi si è pensato di unire in un evento singolo tutte le varie società di pallavolo regionali, cosa che non ci risulta sia mai stata fatta. Un evento basato sul nostro concetto di probabili e future alleanze e collaborazioni fra società. E, in fondo, anche per scaricare un po’ tutte le tensioni di un anno con una bella festa».
L’idea comunque è di far diventare tutto questo un appuntamento fisso?
«Sicuramente sì. E integrarlo poi nei prossimi anni anche con altri eventi. Quest’anno ci siamo limitati a questo, ma piano piano speriamo di poterci dedicare ad anche altre iniziative. Vogliamo sviluppare alcuni eventi extrasportivi legati alla pallavolo ma non solo d’estate, bensì anche durante il corso della stagione».
Così, sottovoce che non ci senta nessuno, puoi già anticipare i nomi di alcuni di quelli che saranno premiati?
«Assolutamente no... Sarà una sorpresa per tutti, per scoprirli basterà venire a Predazzo venerdì sera».
Anche se qualche nome circola già: come mai la decisione di dare un premio per la sportività anche ai vostri acerrimi rivali del Five Venezia? Non è certo una cosa di tutti i giorni...
«Perché comunque si sono rivelati veramente degli avversari onesti, sportivamente e personalmente parlando. Anche prima della sfida finale a distanza c’è sempre stato un buon rapporto fra le nostre due società. Ma anche fra gli stessi giocatori delle due squadre c’è sempre stato un bel rapporto. Una cosa che ci ha quasi un po’ sorpreso. Siano coscienti non sia una cosa di tutti i giorni, speriamo sia comunque un gesto ben visto e penso che anche loro siano rimasti un po’ sorpresi dal ricevere questo riconoscimento».
Anche perché questa festa è un po’ l’apripista dell’estate pallavolistica trentina che poi la settimana prossima vedrà subito il torneo di Cognola...
«Non c’è dubbio che i tornei estivi siano momenti apprezzati da tutti, molto attesi e divertenti. Come società avevamo pensato anche noi ad organizzare un torneo quest’estate, ma poi non abbiamo trovato la data giusta. Così rimanderemo tutto all’anno prossimo. Organizzare tante cose non è facile, le idee hanno sempre bisogno di tempo e di persone».
Dobbiamo aspettarci anche alcune novità clamorose per la prossima stagione durante la festa?
«No, no, durante la festa no. Nessun annuncio, anche perché dobbiamo ancora valutare alcune cose. Qualche giorno dopo la festa qualcosa annunceremo, quando saremo meno carichi di lavoro».
Adesso, a bocce ferme, cosa non ha funzionato nella stagione passata?
«A livello generale siamo davvero soddisfatti di tutto quel fatto comunque. Abbiamo fatto alcune cose nuove per l’ambiente pallavolistico nostrano. Abbiamo avuto un’ottima visibilità, ricevendo complimenti per tutta la nostra organizzazione anche da altre società e questa è la cosa che ci fa più piacere. Dal punto di vista tecnico sicuramente all’inizio abbiamo pagato qualcosa in quanto eravamo una squadra completamente nuova, i giocatori dovevano conoscersi e amalgamarsi creando un gioco di squadra. Nel girone d’andata ci siamo mangiati dei punti clamorosi. Però tante cose si sono risolte nel ritorno, per poco non è stato sufficiente per salvarsi».
Si sta andando sempre più comunque verso una serie B2 che è quasi un campionato regionale visto il numero dei sestetti di casa nostra ai nastri di partenza, e con la presenza di ben due B1 la serie C non rischia di passare in secondo piano come attenzione e movimento?
«Sicuramente la C rischia di passare un po’ in secondo piano. Ormai la serie C è fatta solo da due o tre squadre veramente forti e c’è un divario enorme fra alta e bassa classifica. Sta di fatto che questa situazione in parte è responsabilità anche delle squadre di serie B, che magari hanno poco vivaio oppure non lo sfruttano come le serie C. Questo va un po’ in contrasto con la logica di elevare sempre più il livello della pallavolo regionale. Certo in serie B devi fare i conti con diversi fattori. Per quel che riguarda noi stessi, ad esempio, posso dire che la voglia di continuare a questi livelli è tanta da parte di tutti, ma ci son vari fattori importanti che dobbiamo valutare e ci stiamo ponendo anche un problema di etica sportiva. Al di là della visibilità che si ha in B2 e non in serie C, se si vuole portare avanti un determinato progetto. Ma non vogliamo essere visti come la classica squadra piena di soldi che fa quello che vuole, penso che i prossimi incontri saranno decisivi. Siamo combatutti anche noi».
Cosa deve fare la serie C per riuscire a ritagliarsi quell’attenzione che merita?
«Bel quesito... Secondo me se una serie C viene sfruttata per fare crescere un vivaio è una cosa che può portare l’attenzione di molti. Attualmente la serie C è una specie di “parcheggio” per vecchi pallavolisti, ma secondo me nel momento in cui la serie C diventa il campionato con la possibilità di fare giocare ad un buon alto livello qualche bella speranza locale, sicuramente cambierà immagine anche la C. Diventerà più seguita, con una maggiore attenzione da parte di tanti. Bisognerebbe dare sempre più spazio a nuovi giocatori in serie C, così da eliminare nel tempo il divario esistente fra C e B, elevando il livello per preparare giocatori di C al salto in B».
Discorso questo che vale soprattutto per il maschile, nel femminile invece il “traino Itas” letto come attenzione degli sponsor non è stato così forte?
«Su questo tasto caschiamo male, del femminile ne so poco o nulla per cui evitiamo commenti».
La risposta delle due valli alla pallavolo “che conta” com’è stata?
«Eccezionale, non c’è dubbio. Io non vivo qua a Predazzo, ma spesso vengo su per lavoro e la gente che abita qui mi ha detto che spesso è stata fermata per strada da persone interessate a sapere cosa succederà adesso, cosa faremo. La palestra era sempre piena, la risposta del pubblico è stata davvero ottima, anche al di sopra di quello che ci aspettavamo all’inizio. A suo tempo quando pensavamo se giocare a Cavalese oppure a Predazzo abbiamo scelto Predazzo proprio per cercare di catalizzare sempre più pubblico, ma si sono superate le nostre attese. Anche dal punto di vista giovanile i ragazzi ci chiedono di proseguire il lavoro con loro, le scuole anche di continuare il progetto con loro. Domenica scorsa poi abbiamo avuto qui una giornata di minivolley ed è andata bene, siamo tutti davvero contenti. Uno dei nostri scopi per l’anno prossimo sarà quello di sviluppare il vivaio e creare sempre più squadre giovanili».
Segno forse che a Trento, dove impera l’Itas e lo spettacolo d’altissimo livello, fare grandi numeri è difficile, mentre è più facile in periferie “vergini” dove diventare la squadra della comunità?
«Certamente questa era una zona vergine e va tutto a nostro vantaggio. Con le nostre iniziative che hanno contribuito a destare l’attenzione sulla pallavolo. Il volley qui è praticamente uno sport nuovo e con il calo di attenzione che hanno subito hockey e calcio è andato tutto a nostro vantaggio. In questo un certo vantaggio delle valli rispetto a Trento c’è, nel capoluogo ci sono tante cose e dal punto di vista commerciale l’Itas chiude un po’ la strada ad altre forze che vogliano svilupparsi. A meno che non si creino veramente delle alleanze fra l’Itas e altre società. Anche se sappiamo che una cosa del genere, che le collaborazioni, non è mai facile».
Un campionato quello appena finito dominato dall’Anaune di un certo Giandonato Fino che tu conosci bene...
«Discorso Anaune a parte, che ovvio sia stata la più forte, e con le primissime della classifica poi il livello è stato bene o male costante. Siamo riusciti in certe partite a giocare molto bene anche con le squadre d’alta classifica, combattendo nella seconda parte del campionato. Il livello di questo campionato era buono a mio parere».
Da ex matricola a nuova matricola: che consiglio ti senti di dire al Salumificio Trentino C9 Arco Riva?
«Di fare bene i propri conti e costruire adesso la squadra, ovviamente per puntare alla salvezza. Di far bene i conti a livello economico e di costruire un gruppo che stia bene assieme. Quando le cose vanno bene nello spogliatoio allora tutto è più facile, bisogna poi motivare i giocatori anche al di là del puro aspetto economico».
Come mai ci sono così pochi buoni centrali giovani trentini in giro?
«Perché ci vorranno in campo ancora quelli brizzolati... Scherzi a parte non so esattamente perché sta diventando un ruolo raro come quello di palleggiatore, non credo ci sia nemmeno una sola e unica spiegazione, non so se c’è voglia solamente di attaccare. Anche se l’altezza media sta crescendo, sembra molti siano attirati da ruoli più “coinvolgenti” nel gioco come schiacciatore od opposto. Anche se quello del centrale è un ruolo nel quale sei sempre nel gioco, a muro e in attacco sei sempre presente, anche se bisogna sacrificarsi e lavorare molto. Ma non credo sia la scelta di un giovane, non credo che un ragazzo possa permettersi di scegliere. Forse sono gli allenatori che puntano più ad avere giocatori di banda od opposti piuttosto di un centrale».
Chi incoroneresti come il miglior centrale trentino di adesso?
«Corrado Furlani. Anche come persona, ci ho giocato insieme per una vita ed è davvero un ragazzo d’oro. Lui mi piace troppo per serietà e aspetto tecnico. Mi spiace per i problemi fisici che ha avuto quest’anno, speriamo di rivederlo in campo o, quantomeno, che non esca del tutto dal mondo della pallavolo».

CHI E’ MASSIMO DEPEDRI

Nato a Trento il 19 giugno del 1970, ha iniziato a giocare a pallavolo all’età di 15 anni con l’Agrentario. Dalle giovanili della società cognolotta è ben presto passato in C e, dopo aver vinto il campionato, in B2 dove è rimasto sino al 1997 quando è passato al Molveno. Ma l’esperienza sull’altopiano è durata appena un paio di mesi, poi problemi di lavoro l’hanno spinto ad abbandonare la pallavolo giocata per un paio d’anni prima di riprendere, sempre in B2, con la maglia della Ronda Atesina. Agli ordini di coach Dianti è rimasto per due stagioni, prima di dover nuovamente riappendere le ginocchiere al chiodo. Nel 2003 però il ritorno in campo, a Cavalese, con il Bancoline Tecnoedil in serie C dove è rimasto per due anni prima con Leonesi allenatore poi con Deanesi. Quindi, l’estate scorsa, il definitivo addio ai parquet per vestire i panni di presidente della Trenta Volley. Nel 1996 ha vinto il «Premio Lorenzi».

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