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Il personaggio

Soledad Castellano, Ata Domonet (B2 femminile)

Un’estate sonnecchiante, passata fra tante chiacchiere e i Mondiali di calcio da vedere in televisione. Quale occasione migliore allora per fare un ragionamento “internazionale”? Di quelli che partono dalla pallavolo e arrivano al calcio, passando per le differenze di vita fra paesi fratelli come Italia e Argentina. Con chi? Ma con Soledad Castellano, ormai ex opposto dell’Ata Domonet, nata e cresciuta in Argentina ma che ormai da quattro anni schiaccia a Trento. E in questo momento particolare, un po’ per lei, un po’ per “l’asse Ata-Argentario”, un po’ per la pallavolo femminile in generale, un po’ per chi non stacca gli occhi dal pallone iridato, Soledad si è conquistata di diritto la palma di «Personaggio della settimana». Buona lettura.

Allora Soledad, adesso che non sei più all’Ata che farai?
«Ancora non ho deciso niente di definitivo su cosa farò. Ci sono alcuni contatti con l’Argentario e penso che probabilmente andrò a giocare lì, ma ancora non c’è nulla di ufficiale, non ho firmato nulla».
Continui a giocare comunque?
«Un anno ancora certamente sì. Fino ai trent’anni credo proprio che ce la farò a giocare, poi penso di dire basta. Poi avrei voglia di fare un po’ anche la mamma».
Lo sai che in molti ti davano già a Cognola?
«Ci credo, con l’Argentario ho un buonissimo rapporto. Sia con le ragazze che con i dirigenti, con loro ho fatto una stagione in serie C ed è un ambiente nel quale mi trovo molto bene. Poi visto che il rapporto con l’Ata si è chiuso per me e che non avevo voglia di andare a giocare fuori Trento l’Argentario mi da la possibilità di fare un’ultima stagione in serenità».
Come giudichi per te la stagione appena conclusa?
«Per me è stata una sconfitta sicuramente. Avevamo una bella squadra per arrivare sicuramente ai playoff e, visto che anche l’anno prima li abbiamo mancati davvero di poco, pensavo che questo fosse l’anno buono. Invece poi abbiamo avuto tanti infortuni e qualche problema, così la squadra ha cominciato a zoppicare. E, alla fine, c’è mancato qualcosa».
Appunto, cos’è mancato all’Ata in questi ultimi due anni per centrare i playoff?
«Dovevamo avere forse un po’ più di personalità. Il livello tecnico delle ragazze c’era, le possibilità le avevamo, ma forse è mancata un po’ di personalità nelle partite cruciali, quelle che dovevamo e potevamo vincere. Ogni tanto è successo che sulla carta eravamo favorite e invece quando poi dovevamo dimostrarlo in campo i risultati non venivano. Un po’ me lo sto chiedendo anch’io perché, cosa è mancato, anche perché è stato davvero un peccato».
Qual è stato il momento peggiore quest’anno?
«Sono stati diversi. Soprattutto quando Anna (Gardumi, ndr) s’è fatta male. L’anno prima si era già infortunata due volte e quest’anno ancora, la squadra la sente la sua assenza. Federica (Tomasi, ndr) è bravissima ma è ancora troppo giovane per avere sulle sue spalle tutta le responsabilità del gioco. Poi un’altra colonna della squadra come Betty Fronza s’è fatta male anche lei, ha finito il campionato con una gamba distrutta e per noi lei era una certezza. Con lei sei sempre sicura che la palla non cade mai. Poi anch’io ho avuto qualche problemino durante quest’anno».
Durante l’anno avevate pensato ad un viaggetto a Lourdes visti i diversi infortuni che avete avuto? Vedi alle voci Gardumi e Fronza?
«Forse sarebbe stato utile... siamo state proprio sfigate. Una serie di infortuni nello stesso momento. Magari una schiacciatrice o una centrale si possono sostituire senza variare troppo gli equilibri di gioco, invece si sono fatte male due atlete fondamentali come alzatrice e libero. Forse anche la preparazione atletica non è stata delle migliori, anche se le ragazze si sono fatte male proprio per sfortune di gioco e non certo per problemi puramente fisici».
Adesso si prospettano diversi cambiamenti in B2 femminile, ancora tre squadre come Ata, Torrefranca e Argentario che stanno cambiando parecchio. Come vedi la prossima stagione per queste tre squadre?
«Credo che sarà un po’ come quest’anno. Sarà un campionato pieno di derby e questo è bello, perché danno sempre un qualcosa in più alle partitie. Adesso poi che non collaborano più così strettamente insieme anche le partite fra Ata e Argentario non riesco ad immaginarmi come saranno belle cariche. Ata e Torrefranca hanno belle squadre che possono fare bene, mentre penso che l’Argentario avrà tutte le carte in regola per salvarsi».
Fra mancati playoff e retrocessioni dolorose (Neruda e Volano, tanto per non fare nomi) è un paio d’anni che la pallavolo femminile stenta a fare risultati, come mai?
«Difficile dirti perché. La qualità delle giocatrici in regione c’è, forse alcune altre squadre hanno una mentalità più vincente della nostra. Forse qui uno gioca quasi per hobby e non sempre prende la pallavolo come un vero lavoro, allora il fatto di andare in campo sempre caricata a dovere e di restarci male dopo una sconfitta non sono cose che si vedono tanto. Ad esempio, io in Argentina se perdevo ci stavo male poi per tutto il weeekend, non si andava in campo per giocare e basta. Questo discorso non, ovviamente, per tutte, anzi ci sono giocatrici qui che danno l’anima e anche di più. Ma soprattutto le giovani non hanno forse ancora la mentalità di prendere la pallavolo veramente sul serio».
Eppure bene o male negli ultimi anni la B2 è sempre rimasta sullo stesso livello, non mi sembra siano venute fuori squadroni all’improvviso, nei primi posti c’erano sempre le solite note?
«C’è stato sempre un buon livello medio in B2. Ma c’erano, soprattutto, alcune squadre che avevano davvero un bel gioco. Penso a Codognè quest’anno e ad Albignasego la stagione precedente, erano squadre che puntavano a vincere senza altre possibilità. Erano fatte da belle giocatrici, esperte, le differenze si vedevano con le altre squadre che non erano altrettanto preparate. Però generalmente la B2 si tiene sempre su buoni livelli».
Che differenze ci sono fra giocare in Argentina o qui?
«Ti dico, gioco da quasi vent’anni ormai e laggiù uno lo faceva proprio perché amava la pallavolo sopra ad ogni cosa. Io mi allenavo tutti i giorni, quattro volte a settimana facevamo pesi, le partite si preparavano tantissimo, si giocava con una grinta incredibile. In Argentina c’è un’altra mentalità, anche perché tante ragazze vedevano nella pallavolo quella possibilità per andare via e venire a giocare in Italia. Era un obiettivo di vita per il quale tutte davano l’anima. Però il livello non è paragonabile, qui è molto più alto che laggiù. Io sono passata per tante squadre e ognuna aveva la sua realtà ma ovunque un giocatore sentiva fino in fondo la maglia che indossava. I dirigenti e l’ambiente tutto ti facevano sentire la bellezza di indossare proprio quella maglia».
Invece fra il modo di vivere in Italia e in Argentina che differenze ci sono?
«Trento soprattutto è molto diversa. Buenos Aires è gigante, qui è tutto più sereno, più tranquillo, più sicuro. Laggiù invece è un po’ un caos, soprattutto nei miei ultimi anni. Mi piace Trento, qui ho trovato bravissime persone, all’inizio il cambio per me è stato durissimo, mi chiedevo “ma io che ci faccio qui”. Poi però la pallavolo mi è servita tanto per socializzare ed entrare a contatto con tante ragazze, ho trovato un buon lavoro. In Argentina si esce tanto la sera, ma è in generale che si vive in un’altra maniera. Una maniera che mi manca molto, ma dopo quattro anni abbondanti che sono qui a Trento ormai ci vivo benissimo».
Vorresti tornare a casa un giorno?
«Questa è una decisione che ancora non ho preso in via definitiva. Mio marito è argentino, c’è sempre la possibilità di tornare a casa con lui, anche se sono cosciente che più tempo passo qui e più difficile sarà poi tornare giù. Tornare definitivamente in Argentina ancora non lo so, però è una possibilità che esiste».
Segui i Mondiali di calcio?
«Sì, ultimamente sì».
Argentina-Italia sarà la semifinale (toccando ferro)?
«Penso che l’Argentina adesso ha un quarto di finale più duro e deve pensare a quello. Per l’Italia con l’Ucraina è più facile. Con la Germania in Germania sarà dura, nelle ultime partite poi non stiamo giocando benissimo. Certo sarebbe bello una semifinale Italia-Argentina... Dura, ma bella».
Per chi tiferesti in quel caso?
«Argentina. Ma sarò contenta anche nel caso vincesse l’Italia».
Pronostico per la semifinale oppure pensiamo prima a Germania e Ucraina?
«Penso arriveranno ai calci di rigore...».
No! Ancora, no! Anche chi ha 24 anni come il sottoscritto ci è già passato per Italia 90 e i rigori non sono proprio il caso...
«Non lo so, non vorrei fare pronostici. Speriamo che, se succederà, sia una bella partita».

CHI E’ SOLEDAD CASTELLANO

Nata a Buenos Aires il 30 gennaio del 1977, ha iniziato a giocare a pallavolo a 11 anni nel Ferrocarrilo Est. In età adolescenziale è poi passata all’Obra Sanitaria, al Municipalidad e al Velez Sarfield giocando nelle giovanili e nella A1 argentina. In questi anni l’esordio nella Nazionale argentina con la quale vanta una quarantina di presenze. Quindi il passaggio all’UBA, l’Università de Buenos Aires, prima del salto in Italia per giocare con l’Ata Domonet. Per problemi burocratici una stagione vestì la maglia dell’Argentario in serie C. Nella sua carriera ha vinto un Grand Prix Argentino oltre a diversi campionati giovanili argentini.

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