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Il personaggio

Emanuela Pernici, DeltaDator Torr. (B2 femminile)

Libera di professione. Libera di ricominciare. Libera di tornare a casa. Emanuela Pernici proprio in questi giorni è tornata a casa; è tornata a vestire la maglia del DeltaDator Torrefranca. Dopo tanto girovagare, insomma, l’ex libero di Imola e Modena in A1 è tornata all'ovile, ha cambiato lavoro ed ha acquistato casa. Un vero e proprio nuovo inizio ripartendo dalle sue radici in tutto e per tutto. E allora noi non potevamo non “tediarla” assegnandole la palma di «Personaggio della settimana». Buona lettura.

Innanzi tutto bentornata Manu, ma come mai la decisione di tornare al Torrefranca?
«A dire il vero non ci sono state tantissime offerte da società regionali quando sono tornata qui a Trento. Al Torrefranca sono stati i primi a farsi sentire ed a darmi più fiducia di tutti; è un ambiente che conosco bene e dove posso essere sicura della serietà e della solidità della società. Infatti, quando sono andata via non l’ho fatto perchè stavo male al Torrefranca, bensì perchè si era creata per me l’occasione di giocare in serie A. Come ambiente a Mattarello si sta bene. E’ una società che sa bene quali sono le loro forze ed i loro limiti, dove si parte da una buona base per cogliere risultati positivi».
Anche se l’addio non era stato dei più tranquilli ai suoi tempi o sbaglio?
«Sì, ma solo perché loro ai tempi avevano gestito un po’ male la cosa. Alla fine è andata come doveva andare, ma io non ho mai provato del risentimento nei loro confronti anzi ogni tanto quando tornavo a Trento mi sono allenata con loro e con l’attuale dirigenza non ho mai avuto problemi. Il tutto era nato dal fatto che la dirigenza di allora aveva gestito male il mio passaggio, si poteva risolvere tutto in modo più amichevole senza dover andare per tribunali sportivi».
Ma davvero non si è fatto avanti nessun altro per averti?
«In Trentino no, a parte il Torre nessun altro. Da fuori Trento qualcuno si era interessato, mi hanno chiamato da Modena ma non ho nemmeno voluto ascoltare il discorso, non so neanche di che categoria si trattasse. Poi c’era un interesse dal veronese, ma anche lì ho detto subito no perché io voglio restare qui. Voglio restare a casa, voglio costruirmi un nuovo inizio per me e per la mia vita».
Adesso tu libero con a fianco Bortolotti e Gasperotti, sbaglio o puntate ad avere una buona ricezione...
«Penso proprio di sì, dopotutto sappiamo tutti come ad ogni livello la ricezione sia importante, stia alla base di tutto. Non so ancora se Sara (Gasperotti, ndr) la metteranno a palleggiare oppure schiaccerà, come invece sembra, vedremo nelle prossime settimane come si completerà la squadra. Ma di base si vuole avere una buona ricezione, se poi mi si chiederà di fare la banda la farò senza problemi. E’ un’ipotesi la mia, se capitasse farei la schiacciatrice ben volentieri anche se ormai forse mi sono dimenticata come si schiaccia... Ormai sono 5 anni che faccio il libero...»
Con, in più, un’altra bella banda a disposizione come Stefania Damonte...
«Infatti, su palla alta siamo coperti sia come ricezione che in attacco. Stefania è una ragazza giovane ma molto interessante, che può fare sempre molto bene».
Adesso si vocifera manchi solo un opposto “pesante” per chiudere la squadra?
«Mi sa che di mercato e di cosa sta succedendo nella pallavolo trentina ne sai più tu di me... Scherzi a parte, io mi fido molto della società e poi partiamo già dalla base di una buona squadra nella stagione passata. La squadra è equilibrata già così com’è, al centro Ilaria Basadonne è bravissima e la Paolucci è una centrale molto fisica. Se adesso arrivasse anche un nuovo opposto questo ci permetterebbe di risolvere alcuni problemi che in fasi di gioco possono capitare. Ma se riusciamo a costruirci una buona ricezione forse l’opposto forte potrebbe non servire, ricordo che già nei miei primi anni al Torrefranca era così. Ricezione precisa e palla molto spinta».
Dove potrà arrivare questo Torrefranca l’anno prossimo?
«Secondo me si può provare a puntare ai playoff. Poi è sempre meglio non sparare mai troppo in alto perché porta sempre male, ma già l’anno scorso la squadra ha fatto bene e poteva arrivare a giocarsi i playoff sino alla fine. Adesso con qualche piccolo accorgimento si può anche fare meglio e provare a giocarci l’accesso ai playoff».
Tu invece, personalmente, con che spirito riparti dalla B2?
«Mi sembra un po’ di ritornare indietro di qualche anno. Quando di giorno andavo a lavorare e tutte le sere le passavo in palestra ad allenamento. Adesso sto vivendo la mia nuova vita, punto sul mio nuovo lavoro e sulla pallavolo con lo stesso spirito di sei o sette anni fa. Sono entusiasta per questo nuovo inizio e molto più tranquilla che in altre realtà o esperienze di questi ultimi anni. Oggi, ad esempio, ho voglia di ricominciare ad allenarmi mentre negli ultimi anni quando vedevo avvicinarsi agosto e la ripresa degli allenamenti mi veniva quasi il magone a pensare di dover tornare in palestra».
Nessun rimpianto per non essere più in serie A?
«Ogni tanto capita che ci penso, è stato bello e devo tenermi stretta i ricordi di questi quattro anni e basta. Se doveva andare diversamente le cose dovevano girare prima, tre anni fa, adesso non ho proprio voglia di pensarci».
Insomma, un nuovo inizio per te?
«Hai detto bene, sto vivendo questo momento della mia vita come un nuovo inizio. Anche se sembra strano, a 30 anni comincio a fare alcune cose che alcune mie amiche hanno fatto a 20 anni. Ma va bene così».
Se ti guardi indietro i ricordi più belli della tua carriera quali sono?
«La cosa più bella in assoluto è stato l’esordio ad Imola, in A2. I primi due anni ad Imola sono stati meravigliosi e indimenticabili, sono arrivata quasi dal niente e mi sono ritrovata a vincere la A2 e poi, l’anno dopo, a centrare l’ottavo posto in A1. E’ stato qualcosa di incredibile, veramente».
Quelli brutti non te li chiedo nemmeno, penso a Lodi e Asti e mi rispondo da solo...
«Infatti... Quella non era nemmeno pallavolo, mi vien da dire. Ad Asti si poteva fare meglio di quello che abbiamo fatto, era una stagione che si poteva gestire meglio. Ma, a quanto sembra, non è vero che sbagliando s’impara visto che mi sembra abbiano comprato nuovamente la B1 e, per di più, con lo stesso allenatore. Mi viene quasi da pensare che ho fatto bene ad andarmene a gennaio. E non ho nessun rimpianto nemmeno per Lodi, anche lì si era creata una situazione paradossale. Quello che riescono a combinare alcuni dirigenti certe volte è qualcosa di incredibile».
La vittoria più bella?
«So che sempre paradossale, ma ho sentito di più la vittoria in B2 che quella della A2. Perché? Beh, perché in B2 facevo i punti mentre in A2 ero già libero, mi sentivo più coinvolta nel gioco. Poi certamente è stata fondamentale e bellissima anche la vittoria con Imola, ma un conto è buttare giù i palloni e un altro conto è non farli cadere. In quell’anno al Torrefranca sapevo che se giocavo bene io era tutto più facile per tutti, era più facile andare in B1 e ricordo che alla fine ce l’abbiamo fatta dopo aver vinto il derby con il Tione. In B2 si sente di più il senso di gruppo, di squadra, mentre in A2 i rapporti sono più professionali».
E poi in mezzo c’era stata l’annata di Volano, senza Marco Angelini sarebbe stata davvero dura salvarsi quell’anno...
«Quello non lo vedo nemmeno come un anno negativo. Si poteva far meglio e di più certamente, ma abbiamo finito nel modo migliore e questo è stato importante. Alla fine abbiamo vinto il derby proprio con il Torrefranca e ci siamo salvate. Anzi, proprio perché venivo dal Torre vincere quel derby era importante per me, è stata una sensazione speciale. Poi i meriti di Marco Angelini ormai non si contano più, ovunque vada riesce sempre a fare benissimo. E’ davvero un grandissimo allenatore».
Paradossale però la situazione che si era venuta a creare dopo Lodi e che ti aveva obbligato a stare ferma...
«Possiamo anche dire che per me è stata la pagina più nera, ma poi anche lì alla fine sono uscite le colpe della Federazione. Non capisco perché non possono far giocare due persone in B1 per proteggere gli interessi di alcune società, neanche fossi la straniera venuta da chissà dove che fa la differenza e che da sola vince il campionato. Alla fine comunque ci hanno rimborsato per non andare avanti con i ricorsi, quindi alla fine ho vissuto questa vicenda come una vittoria morale. Almeno non ho mandato a quel paese una stagione. Però quello che mi domando è perché una situazione come quella si era venuta a creare? Perché si è intricata così tanto? Bastava lasciare andare a giocare me e Mi Na Kim da qualche parte e si chiudevano tutti i discorsi».
Che B2 ti aspetti il prossimo anno viste le squadre che stanno allestendo Ata Domonet e Argentario?
«Mi ricordo che nei primi anni al Torrefranca ero abituata che i derby li vincevamo tutti. Speriamo sia sempre così, ricordo che ai tempi miei e di Sonia Miori sia in Coppa Italia che in campionato i derby alla fine giravano sempre a nostro favore. Poi adesso, in queste settimane, vedremo che squadre allestiranno tutti. Adesso è presto per fare previsioni sulla prossima stagione, dobbiamo tutti aspettare che si concludano le rose non solo dell’Argentario e dell’Ata ma di tutte le altre squadre del nostro girone. Prendiamoci un po’ di calma ed a settembre potremo dedicarci a fare le previsioni, ora è davvero troppo presto».
Come mai adesso è così difficile trovare giovani che sappiano ricevere bene bene?
«Forse perché non tutti gli allenatori che le allenano da bambine gli insegnano fino in fondo i fondamentali della ricezione. Sembra strano, poi ovviamente un po’ di talento e predisposizione ce la devi avere, ma c’è un bisogno costante soprattutto da giovani di lavorare e di allenarsi sulla ricezione. Bisogna allenarsi molto questo sì, da giovani ma anche dopo c’è bisogno di lavoro costante. Anch’io se non mi alleno almeno un minimo di alcune ore a settimana non ricevo con fluidità. Bisogna allenarsi continuamente, facendo un lavoro tecnico individuale sia un lavoro di ricezione di squadra, visto che poi in campo deve esserci intesa. Gli esercizi da fare per la ricezione sono tanti, basta farli».
E’ difficile anche trovare ragazze giovani che vogliano “sacrificarsi” a fare il libero, attaccare piace a tutte...
«Quello è normale, è una cosa più che comprensibile. Io, ad esempio, il libero ho deciso di farlo a 23 anni non certo a 16 oppure a 18. E’ la stessa cosa di una ragazzina che vuol fare la schiacciatrice anziché l’alzatrice. Poi è vero che arrivati ad un certo punto se uno si accorge che facendo lo schiacciatore può arrivare ad un punto mentre come libero può arrivare più su allora si entra nel campo delle scelte personali, ma all’inizio non può esserci questo pensiero. L’importante è insegnare bene alle giovani tutti i fondamentali, così da dare poi ad un giocatore le possibilità di scegliere quando sarà un po’ più grande».

CHI E’ EMANUELA PERNICI

Nata a Trento il 12 marzo del 1976, Emanuela Pernici esordisce giovanissima in B1 con la maglia del Torrefranca nel 1991. Al Torre resterà sino al 1999, con 4 stagioni in B1 ed altrettante in B2, collezionando 2 promozioni nella terza serie nazionale e il premio «Lady Volley». Nel 99 il salto in A2 con la maglia di Imola dove centra subito la promozione in A1 e vi resterà sino al 2002, prima di passare una stagione a Modena, sempre in A1. In queste stagioni anche alcuni stage con la Nazionale e la vittoria della Champions League. Nella 2003 il ritorno in Trentino, in B2, col Volano. L’anno successivo mezza stagione a Lodi, in A2 (con Marco Angelini in panchina), prima che problemi societari portino all’esclusione della squadra dal campionato. Per problemi “burocratici” con la Fipav Manu non giocherà fino alla stagione successiva, quando passa ad Asti in B1. Anche qui, la sua stagione dura sino a gennaio quando decide di rescindere il suo contratto.
Ed ora il ritorno al Torrefranca.

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