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La nuova Diatec Trentino ai raggi-X

Ora che si sono delineati con precisione i contorni della nuova Trentino Volley si può cominciare a ragionare sul potenziale e sulle prospettive di questa squadra, che ha il compito di far dimenticare il girone di ritorno della stagione passata, ma soprattutto di dare nuova linfa alle speranze dei tifosi, che si sono visti catapultati nel breve volgere di un anno, dai fasti della squadra di club più forte mai costruita nella storia di questo sport ad una armata allestita a metà estate cerando di limitare i danni e di risparmiare risorse. Un team che per qualche mese è riuscito ad esprimere un gioco brillante, ma che da febbraio in poi è crollato sotto il peso degli infortuni e delle proprie insicurezze.
Cominciamo con il dire che anche questa volta la società ha dovuto fare da sé. Non è giunto in soccorso alcuno sponsor di sostanza, né giungerà almeno nei prossimi mesi: il gruppo Itas Assicurazioni, dopo che si è spento Edo Benedetti, si è rapidamente liberato di un “peso” che il nuovo gruppo dirigente non ha più voluto sopportare per legittime ma ingenerose scelte di marketing. Il mondo della cooperazione e delle produzioni di eccellenza del territorio fu diffidato da chi di dovere a prestare qualsiasi collaborazione nel momento in cui Diego Mosna decise di scendere nell’arena politica. Le istituzioni fanno i conti con budget pubblici sempre più magri e comunque paiono sempre meno sensibili verso questo tipo di investimenti. Quindi si fa con quello si ha. Lo hanno ribadito più volte sia lo stesso presidente sia Bruno Da Re.
I tifosi dovrebbero quindi salutare con soddisfazione il fatto che in un contesto di questo tipo la Trentino Volley esista ancora e rimanga una piazza appetibile per tanti giocatori. Il gruppo che è stato allestito, pare di capire, risponde a logiche ben precise, che proviamo a descrivere di seguito.

Sacrificare alcuni big per trattenerne altri
Potendo contare sui vincoli ancora in essere di tre pezzi da novanta del mercato mondiale come Kaziyski, Juantorena e Sokolov, la scelta della società è stata quella di sacrificarne due per trattenerne almeno uno. Sono così stati ceduti a titolo definitivo Juantorena e Sokolov per riportare a Trento Matey Kaziyski. Il giocatore cubano era quello che aveva l’ingaggio più elevato ed anche quello che probabilmente smetterà prima di giocare, avendo già chiarito egli stesso che desidera chiudere sulla sabbia, e non in palestra, la propria carriera. L’opposto bulgaro è invece nel pieno della propria maturità agonistica ed è quindi comprensibile che voglia cercare di monetizzare il punto più alto della propria parabola agonistica. Diverso il discorso per quanto riguarda Kaziyski, perché tutto quello che poteva vincere lo ha vinto, con la propria nazionale ha ormai chiuso e a Trento ha mantenuto, come Stoytchev, la propria dimora. Dei tre era quello che avrebbe potuto trovare più facilmente un accordo con la società di via Trener e forse anche quello che deve di più a Diego Mosna in virtù della battaglia che il presidente ingaggiò con la federazione bulgara nel 2007 per liberarlo da un vincolo “medievale” che lo legava a vita ad un procuratore. Fra il resto Sokolov e Juantorena sono stati ceduti a un club straniero, evitando così di rafforzare la concorrenza italiana, un aspetto al quale i club sono particolarmente attenti. È evidente che questa modalità di azione, non sarà più ripetibile, almeno fino a quando non vi saranno in organico altri gioielli di questa caratura. Va dunque considerata come una risorsa “una tantum”.

La missione, riportare il pubblico al PalaTrento
La seconda parte della stagione passata non è stata deludente solo per i risultati della squadra, ma anche per la risposta del pubblico, che è calato fino a raggiungere la punta minima in occasione di gara-1 dei quarti di finale dei playoff, al quale hanno assistito meno di 2000 persone. Una situazione assolutamente inedita, che ha fatto scattare il campanello di allarme. Per riaccendere l’entusiasmo della tifoseria occorreva ritrovare dei personaggi carismatici, che occupano uno spazio importante nell’immaginario collettivo trentino, come Kaziyski e Zygadlo. Il loro ritorno e quello di Rado Stoytchev rispondono anche questa precisa necessità, che va oltre alle loro indiscutibili doti tecniche.

Due generazioni l’una a fianco dell’altra
Un'altra importante chiave di lettura del mercato gialloblù va ricercata nella strategia scelta dalla società per valorizzare i numerosi talenti prodotti dal settore giovanile negli ultimi anni. Dopo la “covata”, interessante, dei vari Lanza, Fedrizzi, Coali e Valsecchi, che stanno ancora cercando la propria collocazione nel ranking italiano, ora è pronta a forgiarsi quella dei vari Giannelli, Nelli, Polo e Mazzone, che promette ancora meglio, se vista nel suo insieme. Proprio per questo, invece che mandarli a fare esperienza in altri club, dove il controllo del loro lavoro in palestra sarebbe stato limitato, la Trentino Volley ha deciso di tenerli in prima squadra, accanto a modelli come Zygadlo (per Giannelli), Kaziyski (per Mazzone) e, perché no, ad un atleta di sostanza come Nemec (per Nelli). In pratica, ad eccezione di Burgsthaler, quasi tutta la panchina, se consideriamo anche Fedrizzi, è composta da giovani di belle speranze e questa è una novità assoluta per la Trentino Volley, che miscela così necessità (contenere il budget) e virtù (velocizzare la crescita di ragazzi sui quali ha cominciato ad investire anni fa).

Battuta migliorata, muro e ricezione le incognite
Sul piano strettamente tecnico la squadra della passata stagione ha pagato, oltre agli infortuni di Sokolov, Szabò, Birarelli, Lanza e Ferreira, il progressivo calo di rendimento di Suxho, che è arrivato a fine campionato “alla frutta”, la crisi tecnico – esistenziale dello stesso Ferreira, un sistema di ricezione privo di specialisti (non lo sono né Lanza, né Colaci, né Ferreira) e, più di ogni cosa, un servizio disastroso. La battuta è stata per buona parte del torneo la peggiore della categoria, poco incisiva e fallosissima soprattutto con i suoi interpreti potenzialmente migliori (Sokolov e Ferreira) ed ha spesso vanificato le ottime cose che il cambio palla costruiva.
Nella prossima stagione sotto questo aspetto si è cercato di dare una svolta: la forza di Kaziyski dalla linea dei nove metri è nota e Nemec ha proprio nel servizio il proprio punto di forza più rilevante. Se consideriamo il fatto che Lanza è già oggi un buon battitore, possiamo affermare che con tre battute al salto potenti e una jump float velenosa come quella di Birarelli la nuova Diatec parte con qualche arma in più. Per quanto riguarda invece il muro, difficile che la squadra possa fare meglio dello scorso anno, perché se guadagna in centimetri in regia (Zygadlo mura più di Suxho), perde qualcosa in posto-4 (Ferreira è un talento naturale in questo fondamentale) e in contromano (anche Sokolov era molto incisivo).
Tutto sommato pari il livello della ricezione (si spera che Colaci abbia ormai scontato il noviziato dopo anni di sole difese), sarà da valutare in rendimento dell’attacco, che sarà certamente meno prevedibile dello scorso anno in fase break.

Una panchina tutta da scoprire
Non siamo d’accordissimo con chi dice che la panchina sarà un tallone d’achille. Certo, non è quella di Macerata, né quella di Modena o Piacenza, ma ha qualche bella freccia nascosta da estrarre al momento buono. La prima è Michele Fedrizzi, che sotto le cure di Stoytchev potrà crescere ancora, la seconda è Matteo Burgsthaler, che in tema di muri ha pochi rivali, la terza è Simone Giannelli, palleggiatore di due metri dotato di un ottimo tocco e di un rendimento eccezionale a muro e in battuta, per il ruolo e l’età. Scommettiamo che giocherà più di quanto ci si attende? Gli altri sono qui per fare gavetta, da Thei a Nelli fino a Mazzone, ma nessuno di loro vuole fare da spettatore.

Autore
Andrea Cobbe
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