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Il personaggio

Alessandra Danese, Raiffeisen S.Giacomo (C femm.)

In primo luogo: BUON ANNO A TUTTI. No, non sono in preda a nessun rimasuglio di Capodanno, ma visto che con l’arrivo del Natale e del 2007 anche il «Personaggio della settimana» è andato in ferie allora approfitto di questo primo «Personaggio» del nuovo anno per augurare vittorie (morali oltre che sportive) a tutti voi internauti di Sportrentino.it. Nemmeno il tempo di digerire i panettoni ed i pandori che subito c’è da assegnare il primo titolo. Come da tradizione la «Coppa Trentino Alto Adige» ha tenuto banco nella calza della befana, con le vittorie “annunciate” di Mezzolombardo nel maschile e San Giacomo nel femminile. A chi dice poi che sono annunciate io rispondo sempre “macchè, bisogna sudarsi tutto in palestra, le coppe non crescono nelle bacheche piantando semi”. Quindi, complimenti a rotaliani ed altoatesine e, visto che non accadeva da tantissimo tempo (lustri, a quanto sembra...) che una di queste coppe finissero oltre Salorno allora il «Personaggio» questa settimana non poteva non venire da lì. Da San Giacomo, dalla tana di quel Raiffeisen che senza nascondersi mira a centrare la doppietta campionato-coppa. Ci riuscirà? Lo chiediamo ad Alessandra Danese, talentuosa alzatrice del San Giacomo con un passato ondeggiante fra serie B1 e D, fra Caldaro e Mattarello (hai voglia macinarne chilometri!). Con lei vediamo un po’ di anticipare il ritorno in campo della serie C in questo weekend. Buona lettura e che sia un 2007 ricco di soddisfazioni, a livello sportivo quanto umano, a tutti voi!

Alessandra, in primo luogo complimenti per questa Coppa Trentino Alto Adige.
«Grazie. Dovevamo vincere, perchè giocavamo in casa e perchè eravamo le favorite di tutti. La pressione del dover vincere però non ci ha fatto brutti scherzi. Dopotutto per la società era la prima volta in finale di Coppa, dopo quasi una decina d’anni le finali sono tornate in Alto Adige e, mi hanno detto, sono 14 anni che un’altoatesina non vinceva la Coppa. Meno male che abbiamo rotto questo digiuno».
E’ stata una final four dove il Lizzana vi ha fatto sudare in semifinale mentre, paradossalmente, la finale è stata con un po’ meno complicazioni?
«Nella finale c’era anche una grande motivazione da parte nostra. Prima il giocare di nuovo un derby, poi l’essere in finale, insomma era tutto quello che volevamo ed eravamo molto cariche. In semifinale forse sentivamo maggiormente la tensione, sia in campionato che in Coppa partiamo sempre con la pressione di dover vincere comunque, dopotutto hanno costruito una squadra per vincere e se alla fine non vinciamo sarebbe una grande delusione per la società. Siamo in una situazione particolare, Chiara (Anesin, ndr) non ha ancora recuperato del tutto dall’infortunio e gioca al 50 per cento delle sue possibilità. Ha un’autonomia di pochi set ancora e una persona così carismatica ci manca in squadra».
Alla fine cosa ha avuto il San Giacomo più di tutte le altre tre squadre?
«Rispetto alle altre squadre della C abbiamo sicuramente l’attacco più forte, è innegabile che qualcosa in più lo abbiamo. Due come Plaickner e Lapegna di banda non tutte le squadre possono permettersele».
Non temete la “maledizione della Coppa”, visto che negli ultimi cinque anni chi ha vinto la Coppa Trentino Alto Adige poi non ha mai vinto il campionato...
«Fino all’Argentario dello scorso anno però, speriamo abbiano rotto loro questa maledizione. Finora, a parte l’infortunio di Chiara va tutto bene, anche lo scontro al vertice con il Marzola l’abbiamo vinto e questo ci ha dato una bella carica in più. Non sempre riusciamo a giocare ai nostri livelli, in alcune partite magari partiamo bene ma alla lunga accusiamo un calo di concentrazione e facciamo più fatica di quanta dovremmo farne».
Imbattute in campionato e in Coppa: non vi siete mai nascoste ma quell’obiettivo di vincere anche il campionato è sempre lì bello presente?
«Quello sicuramente. Abbiamo perso solo un punto con il Neruda finora, nel derby in casa loro. Per il resto abbiamo sempre vinto, anche se abbiamo perso qualche set qua e là. L’importante sarà tenere sempre questo ritmo, trovare la continuità giusta per non abbassare mai la guardia».
Ma la sentite la pressione del dover vincere per forza?
«Siamo le favorite, la pressione ovviamente c’è e la sentiamo un po’. Penso sia normale nella nostra situazione, dover assolutamente vincere non è mai facile in nessun campionato ed a nessun livello. Ogni tanto così giochiamo più contratti di quello che potremmo essere. Ma il gruppo c’è, siamo consapevoli della nostra forza, se riusciamo a gestirci a livello mentali penso che abbiamo tutte le carte in regola per vincere questo campionato. La psiche della donna è bella complessa, ma oggettivamente qualcosina in più delle altre lo abbiamo».
Finora solo il Marzola è riuscito a tenere il vostro ritmo in campionato: secondo te sarà l’avversaria da battere fino alla fine?
«Difficile dirlo, certo il Marzola nello scontro diretto non era al completo e si è visto. Al completo e con le varie Lunelli e Andreatta che stanno bene è una bella squadre. Dobbiamo ancora vedere tutte le altre squadre, ma il Bozen Jodler è in crescita, il Neruda è la nostra solita “bestia nera” e l’Ausugum sta facendo davvero molto bene così come il Basilisco. Con il Marzola abbiamo giocato forse la nostra partita più bella di quest’anno, eravamo tutte concentrate e cariche al punto giusto».
L’esperienza, sia anagrafica che di campionati alle spalle, è comunque l’arma in più di questo San Giacomo?
«Sicuramente, la vecchiaia ci aiuta. Scherzo, siamo la squadra che ha più esperienza e questo pesa. Gente come Plaickner, Lapegna e Anesin hanno esperienza che altre squadre, che magari hanno deciso di puntare sulle giovani, non hanno».
Considerando poi che le lagarine, Lizzana e Rovereto Nord, partite per far bene hanno incontrato delle difficoltà ed hanno 8 punti meno di voi chi ancora potrebbe cercare di mettervi i bastoni fra le ruote?
«Il Lizzana ha faticato più del previsto all’inizio, ma nelle ultiem partite mi sembra si sta tirando su. Anche il Rovereto Nord è partito peggio di quanto all’inizio si poteva presumere. Pensavo che con alcune ex B2 fossero due squadre attrezzate per tentare di salire di categoria. Certo però non dobbiamo abbassare la guardia con nessuna delle due, vedremo se riusciranno a tirersi un po’ su. Di sicuro non dobbiamo mai commettere l’errore di sottovalutare nessuno».
In tanti dicono che per vincere in serie C serve soprattutto continuità: non lasciare troppi punti in giro soprattutto con le squadre “medio/piccole”, è così secondo te?
«Sì, sicuramente, anche se non è facile tenere la stessa qualità di gioco per tutta la stagione. Ma se noi giochiamo come possiamo fare credo potremmo tranquillamente evitare alcuni “campi trappola”, dove se giochi con sufficienza rischi di perdere. Soprattutto se siamo siamo succubi della paura e della pressione possiamo perdere punti».
Ti va di fare il gioco della schedina?
«Dimmi»
Bozen Jodler - Alta Valsugana 1
Predaia - Lizzana 2
Neruda Volksbank - C9 Arco Riva 1
Marzola Siram - Ausugum Ossicolor 2 non sarebbe male...
Caldaro - Basilisco 2
Rovereto Nord - San Giacomo Raiffeisen 2 ovvio
L’anno scorso eri a Caldaro, in serie D, ed hai centrato la promozione in serie C: c’è davvero così tanto divario fra C e D?
«Fra le prime di D e la metà classifica di C non c’è poi tanta differenza. Poi, ovviamente, le ultime di serie D hanno qualcosa in meno rispetto alla C. Però le prime della D possono giocare senza problemi per posti tranquilli di metà classifica. Dipende poi da quante giocatrici esperte hanno, da quante ragazze assicurano la qualità necessaria in serie C. Il Bozen Jodler, ad esempio, gioca con un solo cambio (l’alzatrice) rispetto alla scorsa stagione in D e si trova a metà classifica. Vuol dire che il gruppo era già pronto per questo campionato».
E, tu che hai giocato anche in B2 e B1, c’è così tanto divario fra la serie C e la serie B?
«Sì, notevolmente. Come ritmo, come velocità del gioco, poi adesso in C trovi solo alcune giocatrici forti, non tutta la squadra è sullo stesso livello. In B invece trovi sette giocatrici su sette di buon livello, mentre in C solo tre o quattro al massimo le atlete di livello alto».
Cosa mancherebbe a questo San Giacomo per affrontare la serie B2?
«Bella domanda... I cambi sicuramente, la panchina lunga in un campionato lungo e difficile e ricco d’incognite come la serie B è indispensabile. Poi avremo bisogno di una certa solidità in ricezione e qualche piccolo aggiustamento qui e là. Secondo me qualcosa da aggiustare ci sarà, ma non serviranno stravolgimenti».
A parte, forse, voi e Marzola finora comunque è stato un campionato di C bello altalenante, con diverse partite tirate e diversi alti e bassi nei risultati...
«Si giocano tante partite punto su punto, ogni sabato non sai mai come finiscono le partite, è sempre un terno al lotto. A parte il Caldaro e il Predaia, che stanno faticando moltissimo, le altre squadre sono tutte di un buon livello e da qui nasce tutto l’equilibrio di questo campionato. Il Predaia è una matricola mentre il Caldaro senza me e Verena (Girardi, ndr) hanno deciso di puntare sulle giovani facendole giocare in C».
Restando proprio sulle squadre altoatesine Neruda e Bozen Jodler sembrano squadre ben attrezzate, per il Caldaro invece sembra ormai molto difficile evitare la retrocessione?
«Era ora direi! E facendo il calcolo che se il Neugries non rinunciava eravamo addirittura in cinque. Cinque squadre altoatesine in serie C non capitava da anni, non so nemmeno se sia mai successo, io non mi ricordo un campionato con così tante altoatesine. Poi, soprattutto, tre squadre su quattro riescono a salvarsi ed a ottenere dei bei risultati, questo è notevole perchè fino a pochi anni fa giocatrici di livello anche solo per la serie C non c’erano».
E qui la domanda (cattivella, lo ammetto) sorge spontanea: ma sono cresciute le altoatesine e il movimento altoatesino oppure si sono abbassati i numeri delle ragazze trentine che in C, oggi, fanno la differenza?
«Sono cresciute le altoatesine. Credo principalmente per la qualità degli allenatori e del lavoro che stanno svolgendo. Georg Körner, ad esempio, con la sua esperienza ha portato tanto all’Ssv, ha lavorato con un gruppo giovane e ho visto che sono migliorate davvero tantissimo dall’inizio dell’anno scorso. Anche noi e Neruda in questi anni abbiamo lavorato bene con le giovani e, piano piano, questi gruppi sono cresciuti in questi anni. Le società altoatesine stanno lavorando bene, hanno capito che bisognava far crescere le proprie ragazze e così le hanno fatte giocare in campionati qualificanti e le hanno fatto fare esperienze fuori regione, in tornei o simili, perchè si confrontassero con un altro livello».
E, da trentino, speriamo che lavorino sulle giovani anche le società da Salorno in giù. Tornando a noi, delle tue esperienze in serie B che ricordi hai?
«Meravigliosi. Una serie di ricordi che ancora nei momenti nei quali sono un po’ giù mi tirano su. Alla fine dell’anno della B2 con il DeltaDator la società mi ha regalato un giornalino dove avevano fatto tutta la raccolta degli articoli di quell’anno. E ogni tanto ancora lo tiro fuori, lo rileggo e mi godo i ricordi di quell’anno fantastico. Quell’anno della B2 è stato il più bello per me, un po’ perchè è stato tutto inaspettato, un po’ perchè c’era davvero un gran bel gruppo. E’ stato davvero un anno fantastico. Quello in B1 invece è stato un anno un po’ così. Eravamo tutte inesperte, però è stata un’esperienza importante lo stesso anche se i risultati non sono arrivati. Poi quell’anno mi sono anche infortunata alla schiena, mi era uscita un’ernia, e quello è stato il lato peggiore».
Orlando Koja e Giacomo Guarienti: allenatori simili o diversi?
«Per certi aspetti simili. Ovvero, lavorano entrambi davvero molto sul gioco di squadra e sulla tecnica individuale, in palestra sono due che lavorano tantissimo. Sono diversi dal punto di vista caratteriale. Giacomo è sempre rigidissimo durante la partita, dal primo all’ultimo punto non si arrabbia e non esulta mai. Koja invece era uno che faceva trasparire le sue emozione, se doveva arrabbiarsi si arrabbiava e se doveva esultare esultava. Giacomo però questa sua tranquillità riesce a trasmetterla a noi nei momenti difficili. Sono entrambi senza dubbio i due migliori allenatori che ho mai avuto».

CHI E’ ALESSANDRA DANESE

Nata a Bolzano il 29 ottobre del 1980, palleggiatrice, Alessandra (nella foto a lato Alberti Ognibeni) ha iniziato a giocare a pallavolo a 9 anni anni nel Ssv Bozen. Lì ha fatto tutta la trafila delle giovanili, arrivando poi in C a 15 anni nell’allora Gs Volley (poi fuso con Ap Volley e diventato Sc Bolzano). Con l’Sc Bolzano vinse la serie C e, in seguito alla rinuncia alla serie B2, disputò l’anno seguente la serie D vincendola. Quindi il passaggio al Torrefranca dove vinse da regista titolare la B2, affrontando poi il successivo anno di B1 chiuso con la retrocessione delle biancoblù di Mattarello. Quindi la stagione scorsa il passaggio al Caldaro, in serie D, dove vinse il campionato e tornò in C, prima di passare l’estate scorsa al San Giacomo Raiffeisen. Dove quest’anno ha vinto la Coppa Trentino Alto Adige. Nella sua carriera ha vinto una volta la B2, una volta la C e due volte la D.

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