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Il personaggio

Norma Felz, segretaria Fipav Trentino

Considerazione numero uno: questo giro il «Personaggio della Settimana» esce senza foto. Perchè? Perchè se qualcuno riesce a fare una foto a Norma Felz si becca sicuro una cena offerta dal sottoscritto. E vabbè, così abbiamo svelato di chi si tratta questa settimana. Ebbene sì, dopo una gran bella imbeccata del webmaster più figo ci sia in una fredda e nebbiosa serata in terra umbra, questo’oggi abbiamo fatto un salto in Comitato a fare due chiacchiere con una vera memoria storica della pallavolo trentina. Ovvero, Norma Felz, da una vita segretaria della Federazione “made in Piazza Fiera” (e fra un po’ di tempo made in via Fersina). Un personaggio di quelli che non esistono quasi più nel volley moderno, di quelli legati ancora ai veri valori dello sport e pieni di vita e passione. Così con Norma viene fuori una bella chiacchierata fra passato, presente e futuro. E soprattutto futuro, perchè siamo convinti che i personaggi come Norma non possano che essere protagonisti anche della crescita futura di questo meraviglioso sport.
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Norma, come stai?
“Bene, tutto bene”.
Da quanti anni sono ormai che sei qui in Federazione?
“Dal 1978. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora...”.
Come sei arrivata a questo ruolo in Federazione?
“Sono arrivata in Federazione perchè avevo mia figlia Daniela che giocava con il Cristo Re. Con la società del Cristo Re poi collaboravo già da alcuni per diverse iniziative, dall’escursionismo al pattinaggio, dalla pallavolo all’atletica. Allora era tutto volontariato. Allora il mio ex presidente Franco Piccoli mi ha chiesto se volevo collaborare anche con la Fipav. Erano gli anni della divisione fra il Comitato provinciale e quello Regionale e mi avevano chiesto due mezze giornate a settimana per dare una mano in quel momento di divisione. Ricordo che la prima volta che ho messo piede in Fipav c’era una scrivania con una marea di carte sparse sopra... quasi mi veniva male... Ho chiesto solo un quaderno e mi sono messa al lavoro. Poi pian piano ho conosciuto tutti ed ora eccomi qui”.
Domanda scontata, ma chi te lo fa fare di fare tutto questo a titolo di puro volontariato, praticamente?
“Fino al 2000 facevo giornate intere qua dentro e facevo anche diverse trasferte. E io penso che la soddisfazione più grande per me è vedere questi ragazzi in campo a giocare e tutto il contorno. Vedere i più piccoli ed i più giovani che si divertono e poter dire “ho lavorato duro, ma questo è un gran bel risultato”. A me lo sport piace moltissimo, ma lo sport pulito, bello, senza tristi esagerazioni che abbiamo visto anche di recente. Mi piacere vedere che si lavora per qualcosa. L’aspetto finanziario è un altro discorso, dalla Fipav non si può pretendere uno stipendio. A differenza di una volta ora qui c’è moltissimo volontariato, nel complesso una trentina di persone che girano a livello di commissioni, componenti del consiglio, eccetera, che fanno tutto esclusivamente per passione”.
In questi anni ne hai viste tante, nel bene e nel male...
“Tante davvero. Ed è bello così. La cosa bella è che lavorando qui ho avuto l’occasione di conoscere tanti ragazzini che si sono iscritti ai vari corsi, arbitri o allenatori che siano, e li ho visti crescere e maturare. In pratica ho conosciuto la storia della loro vita. Qui mi sento bene perché mi sento davvero fra amici. Tanto con i membri del comitato che con le società, sto davvero bene”.
C’è qualche situazione o aneddoto che ricordi soprattutto di questi anni?
“Sono tantissimi. E’ impossibile elencarcli tutti. Ho un bel rapporto con tutta la gente della Federazione, sia di qua che di Roma. Se ho bisogno di un piacere lo fanno, c’è una disponibilità incredibile. Forse come aneddoto uno che mi viene in mente risale a qualche anno fa. Quando una persona passò in Federazione dall’uscita dall’ospedale dove aveva ritirato alcuni esami e mi annunciò che stava per diventare padre. Ma poi mi disse anche che ancora non lo aveva detto nemmeno a sua moglie...”.
Come è cambiata la pallavolo trentina in questi anni dal tuo punto di vista?
“E’ cambiata moltissimo. Rispetto ad ora allora i campionati giovanili erano dei tornei juniores a sei squadre. Siamo cresciuti in un modo incredibile. Ed è questa la mia soddisfazione maggiore, si lavora tanto ma c’è una bella risposta, se la gente si iscrive ai corsi ed i giovani si avvicinano alla pallavolo vuol dire che abbiamo lavorato bene. La pallavolo è uno sport pulito ed è bello così”.
Ma è cambiata nel bene o nel male la nostra pallavolo?
“E’ cambiata nel bene. Perchè siamo cresciuti moltissimo in pochi anni e perchè a questo sport si continuano ad avvicinare sempre tanti ragazzi e ragazze”.
Cos’è che vorresti cambiare di questa pallavolo che vedi tu?
“C’è sempre stato un dibattito piuttosto sentito in Regione sui giornali, un discorso rilanciato spesso anche da tutti voi media, ovvero la questione relativa all’unione delle società. Io credo che avere delle squadre che fanno i campionati nazionali con risultati come alcuni di quelli che si hanno non ha senso per una città così piccola. Io mi ricordo bene quando con il Torrefranca andavamo in trasferta o in giro, è stata un’esperienza bellissima, ma allora c’era una società sola. Io credo che l’unione fra alcune delle nostre società sarebbe una cosa perfetta, ma temo ci sia ancora troppo campanilismo in diverse situazioni. Oggi come oggi si disperdono energie, forze, possibilità, ci sono tanti giocatori o allenatori o dirigenti che sanno lavorare bene ma in diverse situazioni si guarda solo al proprio orticello”.
Beh, se questa paventata riforma dei campionati passerà così come sembra poter passare sarà una cosa che spingerà diverse società a ragionare seriamente sulla questione unione...
“Vedremo se ciò avverrà o meno. Dopotutto questo è un discorso fatto già spesso. Ci sono già delle collaborazioni fra alcune società, ma una cosa è collaborare e un’altra è fare unendo le forze”.
Hai toccato il tasto dei dirigenti, una figura indispensabile tanto qui in Federazione tanto nelle diverse società. Invece i dirigenti sono sempre meno...
“Il dirigente è una persona che da l’anima. E che durino a lungo i vecchi dirigenti. Non è facile trovare adesso dei giovani che facciano i dirigenti, ma più in generale non è facile trovare gente che si metta a disposizione. Semplicemente per fare i corsi o i segnapunti, ad esempio. La speranza è che i giocatori e le giocatrici una volta smesso di giocare restino sempre nel giro con diversi ruoli. Anche se poi dipende però dal ciclo della vita, dai figli o dalla famiglia. E’ normale”.
Ma esiste ancora quello spirito “pionieristico” che hai trovato al tuo arrivo nel mondo della pallavolo?
“Ho visto tante società nate semplicemente da un gruppo di amici. Gente che giocava tutto l’anno e poi d’estate andava a Candriai a far braciole ed a stare comunque insieme. Io apprezzo ed ho sempre apprezzato uno spirito così. Ora come ora in città non è facile costruire qualcosa di simile ed è un peccato. Così come non è facile trovare persone, risorse e finanziamenti. Forse nelle valli, fuori Trento, si riesce a ritagliarsi una visibilità diversa e con essa, forse, una maggior “facilità” di recuperare risorse economiche e forze fresche”.
Come faresti per convincere altre persone a impegnarsi in Federazione?
“Ti dico, ora qui siamo una trentina di persone circa fra tutte le commissioni. Tutte persone che lo fanno per volontariato e che da il massimo. A livello numerico basterebbe perchè abbiamo un comitato che lavora tantissimo. E questo vuol già dire tanto. Poi c’è un Centro di Qualificazione Regionale molto bello che continua a crescere”.
Come ricordi l’esperienza del Trofeo delle Regioni nel 1998?
“Bellissimo. E’ stato un lavoraccio e alla fine eravamo tutti cotti e stanchissimi. Però quando c’è stata la sfilata degli atleti a Rovereto, con le squadre che sfilavano e la fanfara, ammetto che ero davvero commossa nel vedere tutti questi ragazzini. Un’altra bella manifestazione che mi ha commosso tanto è stata la finale nazionale di Minivolley che abbiamo fatto a metà anni Novanta. Ricordo la sfilata di tutti i bimbi nelle vie della città, è stato davvero bellissimo. Mi ricordo le prime giornate di Minivolley che abbiamo organizzato, il vedere tutti questi bambini entusiasti, contenti, è stato qualcosa di favoloso. E’ un traguardo per loro, anche solo giocare le finali provinciali per i più piccoli rappresenta qualcosa di grande”.
E della nazionale a Trento cosa ricordi?
“Una scena in particolare. Ero in palestra quando è arrivato il Pino (Mazzon, ndr) e mi ha detto: “ne valeva davvero la pena”. Organizzare la World League è stato un lavoraccio ma è stato davvero uno spettacolo unico. Quasi ci dicevamo bravi da soli... Siamo tenuti in buona considerazione anche a Roma, anche se siamo una realtà molto piccola qualche manifestazione importante alquanto spesso ce la danno spesso. E questo perché il comitato lavora bene, siamo un gruppo di amici che si sbatte tanto”.
La persona che secondo te è stata più importante nella pallavolo trentina finora?
“Mi spieghi come faccio a dirtene una? Non posso fare elenchi o classifica, vorrei solo dire grazie a tutti. Perchè nei momenti difficili della mia vita tanta gente m’è rimasta vicina e mi ha sostenuto. Ho sentito la vicinanza e l’amicizia di tante persone. Queste sono le mie vere soddisfazioni”.
Lo spirito dello sport è (o dovrebbe essere) anche questo: conoscere tante persone nuove con le quali confrontarsi e giocare ma con le quali poi stringere amicizia.
“Infatti, nella pallavolo ho conosciuto tantissimi amici. Questo è il bello dello sport. Conoscere sempre tanta gente nuova e sentirsi fra amici. Nessuno è indispensabile al Comitato, nemmeno io, e la pallavolo andrà avanti anche senza la Norma. Io cerco di essere sempre utile”.
Utile?? Norma sei indispensabile! Non starai mica pensando di appendere le carte al chiodo?
“No, non penso mica a smettere. Anche se quest’anno faccio 67 anni, ma smetterò di lavorare qui il più tardi possibile. A volte mi sento parte dell’arredamento, credo che io e gli armadi qui siamo arrivati nello stesso anno. Finchè mi sopportano resterò qui”.
Meno male... Ma senti, vista la tua esperienza perchè non ti candidi direttamente a presidente della Fipav trentina? Un presidente donna, perchè no?
“Ma stai scherzando? Ci vuole una cultura, una situazione diversa, non esiste. Non ho questa ambizione, qui mi sento a casa mia e voglio andare avanti a fare quello che ho fatto finora”.
Il momento più bello per te in questi anni?
“Ti dico proprio il Trofeo delle Regioni del 1998. Perchè in quei giorni ho sentito che Trento era importante. Che eravamo riusciti a mettere insieme una manifestazione così importante, bella e curata. In quel momento mi sono sentita davvero orgogliosa di far parte di questa realtà”.
E quello più brutto?
“Credo sia stato quando ci sono state le dimissioni di Lorenzo Detassis dalla presidenza della Fipav, 12 anni fa. Perché lì per lì siamo rimasti un attimo spiazzati. Non ce l’aspettavamo ed è stato un fulmine a ciel sereno. Poi è arrivato il commissario, una persona carinissima, e piano piano abbiamo risolto quella situazione. Però avevo paura, non sapevo cosa sarebbe potuto succedere. Fu una decisione presa quasi all’improvviso, c’erano dei problemi per i quali con il senno di poi è stato giusto che lui lo facesse, ma lì per lì non sapevamo cosa sarebbe successo il giorno dopo”.
Secondo te cosa potrebbe fare di più o fare meglio la Federazione?
“Forse si potrebbe migliorare ancora il CQR. Sta lavorando tanto, ma penso possa migliorare ancora. Problemi legati al CQR ci sono sempre, dalle palestre alle società che non mandano atleti, mentre dovrebbe essere riconosciuto di più dalle società. E’ un settore importantissimo per la crescita di tutto il nostro mondo”.

CHI E’ NORMA FELZ
Nata a Trento il 16 febbraio del 1940, ha iniziato ad avvicinarsi alla pallavolo a metà anni Settanta per “colpa” della figlia giocatrice del Cristo Re. Dal 1978 è la segretaria del Comitato trentino della Fipav, fino a diventare un punto di riferimento importante per tutto il movimento trentino.

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