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Matteo Zingaro lancia la Covernet, ok i primi test sul campo

Ha suscitato moltissima curiosità fra gli addetti ai lavori, una platea potenzialmente enorme composta da giocatori, allenatori e dirigenti, l’esordio della nuova rete anti-contagio studiata da Matteo Zingaro, tecnico del settore giovanile di Trentino Volley dal lontano 2003. Questo nuovo strumento di gioco progettato per risolvere a chi gioca a pallavolo una parte importante dei problemi creati dalla pandemia, è stato montata e fotografata dapprima nel palazzetto dello sport di Sanbapolis, dove giocano e si allenano la Trentino Rosa di A1 femminile e l’UniTrento Volley di serie A3, e in seguito alla Blm Group Arena, dove ieri è stata testata dagli atleti dell’Itas Trentino, come reso noto dal comunicato della società di via Trener.
Il suo nome è Covernet e a realizzare il prototipo è stata l’azienda trentina Paller Teloni insieme al Gruppo Giovanardi. Si tratta di una rete di metà campo realizzata in pvc trasparente, simile in tutto e per tutto a quelle tradizionali, che blocca la transizione di tutti gli agenti in grado di trasferire il virus da una metà campo all’altra, ovvero il respiro e la saliva. Per ora non viene ancora prodotta in serie e commercializzata, ma presto potrebbero aprirsi nuovi orizzonti se il grande interesse che è sorto in tempi brevissimi intorno ad essa dovesse trasformarsi in volontà di acquisto.

Un concetto importantissimo, che forse fino ad ora non è stato ancora evidenziato come meriterebbe, è il fatto che questo oggetto non ha alcun bisogno di omologazione, ma si potrebbe utilizzare fin da subito in una qualsiasi partita ufficiale, dato che i regolamenti parlano solo di misure delle varie parti che compongono una rete da pallavolo, ma non citano materiali specifici.
«L’idea di dare vita a questo prodotto è nata nel lungo periodo in cui abbiamo dovuto rimanere lontani dalle palestre. – ci spiega Matteo Zingaro – Per chi come me vive la pallavolo non solo come un hobby o un lavoro ma anche come una parte fondamentale della propria vita essere costretti a rinunciarvi per mesi era diventato in breve tempo qualcosa di insopportabile. Mi sono chiesto cosa potevo fare per ridurre le possibilità di contagio e riportare i ragazzi sul campo e ho concluso che è a metà campo che si rischia di più».
«La mia prima reazione, quando ho sentito definire il volley uno sport di contatto, - continua Matteo – è stata rabbiosa, come credo sia capitato a tanti di noi, ma poi ci ho ragionato e ho dovuto riconoscere che le cose stanno proprio così. Quando si gioca gli atleti in prima linea delle due formazioni si trovano a distanza ravvicinatissisma e ho calcolato che in media, in un set, le occasioni per contagiarsi oscillano fra le 60 e le 85, nelle quali in ogni azione sono coinvolte almeno cinque o sei persone fra chi attacca, chi si sposta in copertura e chi mura, tutte posizionate a brevissima distanza l’una dall’altra».

Oltre a creare una barriera fra le due metà del campo, in che modo questa rete, interamente riciclabile, migliora la vita di chi lavora e di chi fa sport in palestra? «Rende sanificabile la rete. Non tutti sanno che i protocolli prescrivono questa attività, ma con quella tradizionale è impossibile andare oltre la pulizia del nastro superiore e di quello inferiore. Questa invece si disinfetta in ogni sua parte. Un aspetto importante, infatti, sta nel fatto che semplifica la vita di chi gestisce l’attrezzatura».
Che indicazioni ha fornito il test di ieri alla Blm Group Arena?
«Metterla alla prova dei giocatori di serie A è stato molto utile, perché ci hanno confermato che non altera minimamente le caratteristiche del gioco, come qualcuno temeva, fatto salvo che cambiano le traiettorie acquisite dalla palla quando tocca il nastro superiore (si alza invece di abbassarsi, facilitando la vita del ricevitore) e quando si insacca (viene respinta invece che abbracciata)».
Ora verrà prodotta in serie? «La sua costruzione non è complicata, sul piano tecnico, ma quello che vorrei commercializzare non è solo l’oggetto, ma l’intero sistema di gestione. Ho già ricevuto una decina di richieste da parte di società che vorrebbero usare da subito questa covernet, ma ci sono ancora molti passi da fare prima di poterla distribuire».
Per farla conoscere, invece, ci ha impiegato davvero poco.

Autore
Andrea Cobbe
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