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Il personaggio

Gianni Facchin, vicepresidente Fipav trentina

Inutile nasconderlo, quello di domenica è stato l’evento dell’estate pallavolistica trentina. Italia-Francia al PalaTrento è il livello più alto di manifestazione ufficiale mai vista sotto al Bondone, ed è stato un successo. La prima volta assoluta di una partita ufficiale dell’Italia nel nostro capoluogo, a parte il risultato sul campo, è filata via liscia. Con tanti complimenti da parte di molti per la macchina organizzativa che il Comitato trentino ha messo in piedi. In prima fila Gianni Facchin, vicepresidente della Fipav trentina, che insieme al Comitato di piazza Fiera ed ai tanti volontari hanno reso la partita di domenica un vero evento per tutta la città, non solamente per il nostro piccolo grande mondo della pallavolo. Con Gianni allora, nominato «Personaggio della Settimana», andiamo a fare un bilancio di questo evento e del ruolo che in futuro Trento potrà avere nel panorama nazionale. Buona lettura.

Gianni, ti stai riposando dopo la “scorpacciata” della World League?
«Macché. Ci sono ancora i conti da chiudere, la Siae da sistemare, il palasport da svuotare... C’è ancora qualcosina da fare».
In una parola sola come definiresti questo weekend di World League?
«Evento».
Cioè?
«Un evento unico per la città di Trento. Direi che finora mai è stato possibile organizzare un evento del genere, penso sia stata la più grossa manifestazione pallavolistica a questi livelli svoltasi in città».
Un’esperienza nel complesso direi molto più che positiva.
«Al di là del risultato della gara e del puro bilancio economico, il bilancio generale è ottimo. Abbiamo ricevuto alcuni giudizi molto positivi per l’organizzazione, diversi attestati di stima».
Un evento irrealizzabile senza l’aiuto di tanti.
«Due sono state secondo me le note veramente positive di questa esperienza. La prima sicuramente la disponibilità delle tante persone che abbiamo contattato per il giorno della gara. I ragazzi che sono venuti a fare le asciugature, i raccatappalle, i portabandiera, il personale di controllo alle porte, gli interpreti, gli accompagnatori delle squadre... è stata una soddisfazione enorme perché tutti hanno dato subito la propria disponibilità totale. Oltre cento persone che hanno lavorato costantemente durante questo weekend. Vorrei poter dire grazie a tutti quanti loro, uno per uno. E la seconda nota positiva il poter organizzare la prevendita con Trentino Volley, loro hanno la struttura e l’esperienza su come si fa una prevendita. Grazie davvero anche alla società. Tantissima gente poi in Comitato si è sobbarcata un grande lavoro, da Pino Mazzon a Sandro Ghezzi ad Ettore Rizzardi».
Peccato solo che forse intorno a voi, intorno al Comitato trentino, si sia mosso forse troppo poco sotto il punto di vista economico.
«Un po’ sono mancati, in effetti, gli sponsor pubblici e quelli privati. Gli sponsor pubblici sono mancati perché alcuni enti stabiliscono gli impegni di spesa già al settembre dell’anno scorso, per cui a noi hanno potuto dare cifre contenute. Dei privati poi non parliamone nemmeno, per ogni cosa ormai a Trento trovare sostegno dai privati è diventato difficilissimo. Ne abbiamo trovati pochissimi, non so se sia stata una carenza nostra che non abbiamo individuato una persona che si occupasse solo degli sponsor, oppure che sia proprio la zona di Trento difficile per queste cose. Peccato comunque».
Mettere insieme tutta questa macchina organizzativa è stato molto duro?
«Credo sia una cosa durissima soprattutto per chi non l’ha mai fatto. Noi abbiamo cominciato a febbraio ad organizzare il tutto, ad aprile abbiamo avuto una riunione a Roma nella quale ci hanno consegnato qualcosa come 164 pagine di protocollo su tutto quello che c’era da fare. L’altra grande difficoltà è che per colpa di nessuno sono state cambiate le carte in tavola almeno una cinquantina di volte. Ad esempio, con i mezzi di trasporti già prenotati è venuto fuori che i giocatori dell’Italia si muovevano autonomamente con i propri mezzi, con il pullman giù prenotato fuori dal palazzetto. Per sette volte poi è cambiata la composizione della delegazione italiana. Tanto per fare degli esempi delle difficoltà organizzative».
Qual è stata la difficoltà maggiore di organizzare questo evento?
«Non c’è né stata una specifica. Tutta la parte organizzativa aveva le sue difficoltà. Soprattutto in cose sulle quali non ci abbiamo mai sbattuto il naso come ad esempio i rapporti con la Siae. Per la parte tecnica e tutto il resto poi ci sono richieste pazzesche, ad esempio non hanno usato nemmeno i nostri pali della rete. C’è una grande rigidità del protocollo. Ad esempio le pedane per i supervisori e per Sky devono essere per forza di 35 centimetri, non 34 o 36. Al supervisor, che era kuwaitiano, abbiamo poi dovuto dare anche il tappettino per pregare verso la Mecca. Il suo ufficio l’avevamo messo nella grande sala vetrata che era fra le tribune mentre la segreteria l’avevamo messa nell’ufficio chiuso, ma quando è venuto abbiamo dovuto invertire il tutto perché altrimenti attraverso la vetrata lo vedevano tutti pregare e lui non voleva. Così come in aprile quando la commissione da Roma era venuta a visionare il campo per questioni di misure ci avevano fatto togliere la prima fila delle tribune Vip dietro ai segnapunti, ma quando sabato è giunto il supervisor Fivb ha deciso che mancava un metro ancora di spazio. Così abbiamo dovuto rifare tutto, ricavare uno spazio diverso per Sky e per il supervisor in mezzo ad una tribuna già interamente assegnata con tanto di biglietti già venduti».
Com’è nata la possibilità di ospitare la World League?
«Siamo l’unica città in Italia credo che non l’ha mai richiesta. Queste manifestazioni i vari comitati se le rubano dalle mani, anche perché può essere fonte di introiti per le Fipav locali visto che l’incasso del palazzetto resta alla Fipav locale. Se riempiono il palasport, con l’aiuto di un po’ di sponsor, ci guadagnano qualcosa. A noi invece ce l’hanno proposta, la Fipav di Roma ci ha chiesto direttamente di ospitarla noi viste le nostre precedenti esperienze positive come il Trofeo delle Regioni».
La risposta del pubblico come pensi sia stata?
«Considerato il periodo “trentino” del 23 luglio e l’ora domenicale non troppo appetibile la cornice di pubblico è stata ottima, ma forse in condizioni diverse poteva essere ancora meglio. Con ogni probabilità c’erano circa 3500 persone».
Peccato solo quei fischi per Savani, comprensibili quando giocherà in via Fersina con la maglia di Roma ma con quella della nazionale addosso francamente no.
«Sì ma sai benissimo però che un tifoso spesso è più passionale che razionale. Nel primo impatto ci sono stati i fischi, ma poi alla fine diversi applausi. Io l’ho visto sempre sereno e tranquillo, la cosa l’ha presa nella giusta maniera. C’è stato un primo sfogo ma poi si è capito che l’amore dei tifosi c’è ancora».
Unico neo insomma il risultato della partita.
«Sì ma è stato il risultato giusto per quello che si è visto in campo. Metà dei giocatori italiani erano tornati dalla Cina con la dissenteria, qualcuno doveva ancora smaltire il fuso orario e soprattutto ancora devono fare gruppo a livello di testa e di mentalità. Personalmente credo poi che con lo zoccolo duro della Sisley patiscono quel patito da Treviso nell’ultima parte del campionato, ovvero che non sanno perdere. Forse non sono abituati a soffrire. Montali, infatti, lavora per creare un gruppo in vista dei mondiali, per creare una squadra soprattutto dal punto di vista mentale».
Ci sono ancora margini per riportare la nazionale in ritiro a Trento oppure c’è solo da sperare che Villa Madruzzo si allarghi presto?
«Non so se si può dire, ma sicuramente Salsomaggiore ha fatto l’accordo triennale con la nazionale solo perché è saltato Trento. E’ lo stesso contratto proposto a Trento. Sono quasi sicuro perciò che se un domani dicessimo allo staff azzurro che Villa Madruzzo è in grado di ospitarli con le capacità persuasive che ha Montali penso che la nazionale tornerebbe subito a Trento. L’ambiente trentino piace a Montali, se ci fosse la possibilità tornerebbe volentieri».
Adesso quando sarà possibile rivedere la nazionale a Trento?
«Ancora è presto per dirlo. Intanto disintossichiamoci dalla partita di domenica».
Nel 2010 c’è il Mondiale, realisticamente un girone andrà a Milano, uno a Roma e uno al sud. Ne restano due “liberi” quindi, Trento ha qualche possibilità quantomeno di giocarsi le sue carte?
«Guarda, ho parlato con l’ufficio eventi della Fipav di Roma quando erano qua anche dei Mondiali, ma questo è stato per loro un periodo così pieno che mi hanno detto di non averci ancora pensato. Cominceranno a lavorarci dopo la World League credo, adesso è presto per parlarne. Potrebbe incidere sulla candidatura se una città si proponesse, magari potrebbe anche essere che lo valutino in modo diverso. Adesso però serve una struttura organizzativa ampia e articolata, per un evento del genere non bastano poche persone bensì una squadra che lavori solamente per quell’obiettivo. Con una sua struttura e ben organizzata, in grado di far fronte a tutte le esigenze organizzative dei grandi eventi».
L’anno prossimo molto probabilmente la final six di World League si giocherà in Italia: sarà nelle grandi città oppure anche una piccola cittadina di montagna può sperarci?
«Adesso finiranno questa World League e poi ci saranno i vari rapporti dei supervisor della Fivb. Noi sicuramente siamo lo stato europeo che ha più sedi proprio per le nostre capacità organizzative, in altri paesi come Russia o Francia non ci sono così tante città disponibili come da noi. Se l’anno prossimo ci riconfermano le quattro sedi per il girone eliminatorio in Italia forse ci sarà anche Trento una seconda volta, sicuramente per noi un’esperienza da rifare ma con alcuni paletti e una struttura organizzativa più articolata. Per la final six incide tantissimo la capacità del palazzetto, credo quindi andranno in una grande città dove possano fare ancora un pienone».
Roma insomma, tanto per non fare nomi.
Tante cose per la nazionale maschile, ma magari una volta o l’altra avete mai pensato a portare qui anche la nazionale femminile per una partita? Magari un’amichevole? Oppure qualche stage delle nazionali giovanili?

«Potrebbe essere un’idea, per queste cose c’è sempre la disponibilità della federazione. L’importante è sempre proporsi, farsi avanti. Finora noi non ci siamo mai proposti per niente, soprattutto perché è un impegno organizzativamente complesso e “tosto”. Se si valutasse e si mettesse a punto un gruppo di lavoro organizzativo si potrebbero portare diversi eventi, questo è alla base di tutto. Creare una struttura solida. Verona ora è un po’ satura di questi eventi, ne ha quasi troppi, le nazionali maschili e femminili sono venute lì più volte e il rischio è che dopo tante volte la nazionale non ha più la stessa attrattiva che potrebbe avere in appuntamenti diluiti nel tempo. Trento potrebbe essere una buona alternativa a Verona, ma bisogna prima di tutto pensare a rafforzarsi sotto il profilo organizzativo e poi candidarsi in Fipav. Magari qualcosa riusciamo ad ottenere».
Adesso, dopo esservi disintossicati per bene, si torna “alla realtà”, alla quotidianità, all’organizzazione dei nostri campionati. Novità in vista?
«L’Under 12 fino allo scorso anno avevano avuto soprattutto attività promozionale, dall’anno prossimo invece avranno un campionato tutto loro gestito dalla Commissione giovanile che darà la possibilità a questi ragazzini di giocare tutto l’anno. Con formule particolari, magari a concentramenti adesso valuteremo la forma migliore, che mantengano lo spirito promozionale e di divertimento ma che gli dia la possibilità di giocare tutto l’anno. Anche questo sarà un grosso impegno, abbiamo creato una struttura che seguirà solo quello, però ci crediamo. Il 25 agosto scadranno le iscrizioni per i campionati, in base alle iscrizioni poi faremo le composizioni ed i calendari. Immediatamente usciranno quelli dei campionati di serie C, D e Coppa Trentino. Quest’anno partirà prima qualche campionato giovanile, anticiperemo la partenza di Under 13 e Under 15 per dare loro ancora più spazio. Vogliamo farli partire almeno a fine ottobre, per dargli un mese e mezzo di gioco in più».
Arbitri sempre pochi però, si giocheranno infrasettimanalmente alcune partite come sembrava un po’ di tempo fa?
«Sicuramente sì. Sistematicamente sarà messa per quasi tutti i campionati la possibilità di giocare in infrasettimanale oppure la domenica pomeriggio, proprio perché abbiamo una grande carenza di arbitri. Questa degli arbitri è una difficoltà a livello nazionale, non solo a Trento. Poi ci sono alcune realtà diverse come Bolzano con meno squadre e quindi meno problemi a coprire il fabbisogno di arbitri».

CHI E’ GIANNI FACCHIN

Nato a Trento il 18 agosto del 1954, è entrato nel mondo della pallavolo a 15 anni come giocatore della Virtus Trento. Sin da giovanissimo è entrato nel settore arbitrale, diventando il più giovane arbitro in Italia ad arbitrare in serie B. Per motivi familiari ha poi smesso per una decina d’anni, prima di “tornare in pista” nel 1998 con il Comitato Trentino per l’organizzazione del Trofeo delle Regioni. E’ al suo secondo mandato nel Comitato dove ricopre la carica di vicepresidente.

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