Luigi Meneghelli, lo ricordiamo dieci anni dopo

Agli appassionati di pallavolo più giovani probabilmente il nome di Luigi Meneghelli non dice granché. Chi, invece, segue questo sport da qualche lustro ricorda molto bene quell’opposto dal braccio pesante che aveva fatto le fortune del Marzola di Roberto Caldonazzi. Una squadra di amici, che aveva nel gruppo la propria forza principale. E anche negli attacchi di “Gigio”, che, giusto dieci anni fa una malattia troppo rapida e troppo crudele si è portato via. Per ricordarlo un suo ex compagno di squadra ha voluto dedicargli alcuni pensieri, che pubblichiamo volentieri. Un modo come un altro di conservarne il ricordo.
Non è mai facile trovare le giuste parole quando si vuole ricordare chi non c’è più. Si rischia di essere banali ed ogni cosa diventa scontata se non addirittura patetica. Forse “giuste parole” proprio non esistono, ma sono convinto che il ricordare sia doveroso, perché solo chiudendo gli occhi di fronte al dolore ci si dimentica di colui che abbiamo amato.
Dieci anni sono passati ed ancora nell’animo l’ultimo saluto quando, inaspettatamente, suonasti al campanello di casa; insieme a te colei che ti porterà sempre nel suo cuore. Era novembre, passammo tutto il pomeriggio a giocare a calcio balilla poi, salutandoci, quelle tue parole che resteranno per sempre solo mie, e la consapevolezza che sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti.
Ma dentro… attimi di una vita trascorsa a fianco, dall’infanzia passata a tirare sassi, fino ad arrivare ai campi di gioco, dove tu, mio capitano, mi avvicinasti al fantastico sport che è la palla che vola. Nel mezzo tanti ricordi: le scuole insieme, il mare, le bruschette prima della pizza, il corteggiamento della tennista, il Marzola, quell’inglese che nessuno dei due capiva, il tuo “Commodore 64”, la guerra delle pigne alla Borghesiana… Ricordi di una vita normale, certo, ma che diventano speciali quando colui con i quali si sono condivisi non è più fra noi.
Ricordi non solo miei, ma anche di coloro con il quale sei cresciuto e che nel frattempo sono diventati uomini. Già, dieci anni sono passati ed alla soglia dei quarant’anni ognuno di noi s’è fatto una vita, non importa se c’è chi ha scelto di rimanere solo o con vicino la compagna di una vita, ciò che conta è che questi 10 anni li abbia vissuti ed abbia potuto fare delle scelte.
Quelle scelte che a te sono state negate, tu che eri il più forte di tutti noi, te ne sei andato nel fiore della tua esistenza, lasciando chi già aveva sofferto, lasciando colei che ti amerà per sempre, senza vivere e poter scegliere, senza vivere e poter sbagliare, senza vivere e poter abitare la tua casa, senza vivere e poter amare la tua donna, senza vivere e poter abbracciare i vostri figli.
Hai lasciato anche noi, compagni di tante avventure, che forse ti abbiamo voluto così bene che facciamo fatica a parlare di te, che abbiamo paura di soffrire troppo nel ricordarti in maniera degna, che mascheriamo il nostro dolore alzando un boccale di birra nelle ormai rare occasioni in cui ci ritroviamo.
Dieci anni sono passati ed io, caro Gigio, in una data che da sola racchiude per me dolore e gioia, voglio ricordarti così, fiero e sorridente, mentre alzi uno dei tanti trofei, applaudito dai tuoi compagni, che nel loro cuore non ti dimenticheranno mai, e sempre canteranno, davanti a quel famoso boccale di birra “gigio, bagigio, gigio, bagigio, gigio, bagigio”…
Lorenzo